Continua l'avventura di Davide
Van De Sfroos, arrivato con Akuaduulza ad una prova
importante, in una carriera che conta ormai quattro albums in studio,
un mini e un doppio dal vivo. Questa prova Davide la supera di slancio,
licenziando un disco che è senz'ombra di dubbio il migliore di quelli
fino ad ora pubblicati: avevamo assistito ad una crescita costante negli
anni delle sue canzoni, sia sotto l'aspetto dei testi che della musica
e degli arrangiamenti.
Davide, come una spugna, ha assorbito dal punto di vista musicale diverse
influenze, la musica dei grandi songwriters americani, il blues, il folk
irlandese e nordeuropeo che ha riversato nelle sue composizioni, vestendo
testi che rielaborano la cultura della memoria e le tradizioni della sua
gente, chiusa come il lago di Como, non limitandosi a mere cronache da
osteria, ma andando a cercare storie più profonde, leggende popolari,
o dando ritratti di personaggi che fanno parte della "piccola storia"
di cui si sono cibate per anni le leggende paesane. Akuaduulza è un disco
molto semplice, nella sua complessa personalità, suonato con strumenti"tradizionali"
che ci fanno assaporare sonorità calde, sicuramente familiari, questo
grazie anche ai musicisti che lo accompagnano (Angapiemage"Anga" Galiano
Persico al violino e bouzouki, Marco "Phyton" Fecchio, chitarre
elettriche, lap steel, Alessandro "Pocahontas" Ferilli, basso elettrico,
Alessandro Gioia, batteria e percussioni, Giorgio Peggiani,
armonica, Simone Spreafico, chitarra classica, Saro Calandi,
fisarmonica) e a lui stesso, cresciuto come chitarrista acustico, capace
di dare un'impronta personale a quei pezzi che si basano quasi esclusivamente
sul suo accompagnamento. Tutto il disco è comunque virato verso tinte
scure: streghe, diavoli, simboli esoterici, corvi sono alcuni degli argomenti
delle canzoni che anche come struttura musicale e progressione di accordi
ricalcano la misteriosità e l'introspezione dei testi. Tutti i pezzi,
per motivi diversi, meriterebbero una citazione, possiamo cominciare con
la prima, Madame Falena, ballata folk dai profumi balcanici con
un violino che come un folletto ci porta a spasso per tutta la canzone,
Il paradiso dello Scorpione è un bel blues con tanto di armonica,
cronaca di una notte in un bordello.
Tra le classiche ballate "alla De Sfroos", Akuaduulza, accarezzata
dal violino e un pianoforte, Il libro del mago, splendido l'intreccio
fra la elettrica e la steel, Rosanera, storia romanzata di una
vecchia chitarra, passata nelle mani di tanta gente, fra cui un "ragazzo"
del Minnesota di nostra conoscenza… Shymmmtakula (recitativo del
camminatore nel buio) e Il Corvo, sono le uniche dove Davide abbandona
il dialetto per cantare in Italiano, molto cupa, notturna la prima, con
un testo che evoca incubi e mistero, cruda nella sua chiarezza la seconda,
si reggono sull'acustica di Davide e spruzzate di elettriche distorte
(la seconda). Il congedo ci arriva da Il prigioniero e la tramontana,
splendido esempio di classica songwriter ballad per voce e chitarra, dal
testo molto toccante.Il disco si presenta in un bellissimo digipack tutto
a colori, con i testi in dialetto e la traduzione in italiano, bellissime
foto del lago e di Davide con le sue chitarre e i suoi musicisti, da citare
la doppia custodia: per evitare di rovinare il digipack, viene fornita
anche una semplice custodia slim che consente di portare in giro il cd
in tutta tranquillità (mi risulta che sia il primo caso …), piccoli-grandi
particolari che sottolineano la cura che Davide ha messo in questo progetto.
Assolutamente consigliato.
(Gabriele Buvoli)
www.davidevandesfroos.com
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