Neal Casal
Free to go: in ricordo di un cuore gentile
   


Even though tomorrow seems like such a long time
Come down and give yourself another chance
You will have your day in the sun

(Neal Casal - "Day in the Sun")

          

[di Fabio Cerbone]

Un po a sorpresa (ma quale sorpresa! Ormai per la Glitterhouse questi scherzetti sono diventati una abitudine...), Basement dreams, disco dall'impronta unplugged, originariamente disponibile solo "mail order", viene oggi lanciato sul mercato, forte molto probabilmente dei grandi attestati ricevuti dalla critca inglese al riguardo. Sul fronte del cd capeggia infatti orgogliosamente lo stick di Mojo (rivista anglosassone bene in vista) che elegge questo informale lavoro del buon Neal Casal come "Americana album of the year 1999". Una bella sponsorizzazione, non c'è che dire, che lascia un tantino perplessi quando invece si piazza il cd nel lettore: davvero ispirata l'idea di richiamare nel titolo un improbabile aggancio con i ben più basilari Basement Tapes di mastro Dylan, quasi a far capire che queste canzoni sono da considerarsi una sorta di rinascita per lo stesso Neal Casal. Registrati lungo un ampio arco di tempo tra il '96 ed il '98 su un otto piste, i ventidue episodi (ci sono però diversi brevi strumentali di passaggio) qui presenti ribadiscono l'estrema prolificità dell'autore, la grazia infinita della sua voce e la sensibilità del suo country rock dai sapori west coastiani, diviso tra i santini di Jackson Browne, Gram Parsons e Neil Young, anche se non aggiungono novità decisive a quanto emerso lungo i suoi dischi ufficiali di studio (a cominciare dal piccolo capolavoro Fade Away Diamond Time). Per questo i Basement Dreams di Neal risultano infine molto meno unitari e centrati rispetto al resto della sua produzione, nonostante, sia ben chiaro, la possibilità di incrociare qualche gemma preziosa lungo l'arco dei loro settanta minuti è evidentemente molto alta. Tra le tante I run and hide, atipica rock-blues song per il repertorio del nostro, con un bel lavoro di slide; la splendida atmosfera old time di Widowmaker, country music nel nome della Carter Family; il country blues rurale di Neal's blues; i sapori gospel di Oil in my lamp; lo spirito parsoniano che aleggia in Nothing left to prove; ed infine un cospicuo carico di ballate folk uggiose e malinconiche, tra cui vale la pena citare No one said a word, Outskirts, Fremont row, Meand queen Sylvia, St. Cloud....Cast di prima qualità (Jim Scott alla produzione, Bob Glaub, Don Heffington e John Ginty tra i musicisti coinvolti) e tanta poesia acustica. Non è un passaggio fondamentale, ma chi ama queste atmosfere e ha già apprezzato il lavoro invìcomiabile di questo giovane talento del New Jersey può andare sul sicuro.

Terza uscita in pochi mesi per il buon Neal Casal: tra produzioni ufficiali (quattro) ed edizioni limitate, disponibili solo per posta, l’ispirazone non gli manca di certo. Anytime Tomorrow prosegue la sua piena maturazione, già evidente nell’ultimo The sun rises here, dopo un debutto (Fade away diamond time) che possedeva tutta l’innocenza e la sorpresa delle opere prime, ma che si dirigeva in via quasi esclusiva nei territori della ballata. Recuperato il legame con il produttore Jim Scott (un nome, una garanzia per il migliore rock americano da strada maestra) e grazie anche alla partecipazione di una nutrita schiera di ottimi musicisti, tra cui Greg Leisz e Bob Glaub, Neal ha sfoderato il lavoro più vario e sostanzioso della sua breve ed intensa carriera. L’impressione generale è quella di un autore in netta crescita, che conserva il suo inconfondibile carattere, ma con un sound più vicino al rock’n’roll che in passato. Willow Jane, per esempio, ha il sole della California anni ‘70 stampato in fronte, ma la corposa sezione fiati ed il tiro delle chitarre danno un tono più muscoloso alle sue immutate radici musicali, lo stesso tono di Raining straight down, che sfoggia un sound compatto ed un calore soul nei cori. Eddy and Diamonds ha un taglio decisamente più psichedelico, younghiana fino al midollo, mentre i colori della west coast fanno la loro comparsa nelle dolci rock ballads Fell on hard times e Sweetvine, che evocano lunghi viaggi sulle highways americane, ringraziando sentitamente Jackson Browne e Tom Petty. Neal non ha perso inoltre quel gusto squisitamente pop di alcune sue ballate acustiche: nell’occasione offre il meglio di sè nelle suadenti melodie di Camarillo (gran lavoro di Greg Leisz alla pedal steel) e della conclusiva, davvero notevole, Too much too ask. A volte però si fa prendere la mano e sconfina nella melassa: in Oceanview sembra di sentire lo "zucchero" degli Eagles (e non è un complimento…), No one above you alla lunga mostra la corda, mentre Just getting by e Time down the wind rincorrono fin troppo le tracce di Jackson Browne. Poco male, i margini di miglioramento sono tutti presenti ed Anytime Tomorrow li fa intuire senza tema di smentite.

 

 

 

 


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