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JJ
Cale Call Me the Breeze (un ricordo) |
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A
cura di Nicola Gervasini | ||||||
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Lo ricorderemo come lo
schivo per antonomasia JJ Cale. Da non confondere con lo scorbutico
però. Non è vero infatti che JJ Cale odiasse le luci della ribalta.
Semplicemente le affrontava a suo modo: gentilmente. Tutto era gentile
in lui: il modo di cantare, il modo di suonare, il modo di proporre
la sua musica. Anche il modo di non mutarla mai. Eppure fateci caso:
in mano ad altri la musica di JJ Cale esprimeva potenza. Era potente
il riff di Cocaine nelle mani lente di Eric Clapton, era potente
il tiro dato a Call Me The Breeze dai Lynyrd Skynyrd, era potente
l'impatto melodico di Magnolia dopo l'immersione country-rock
operata dai Poco. E' questo che ci lascia JJ Cale: l'aver insegnato
al mondo della musica a dire gentilmente qualcosa di potente. Nemmeno
Eric Clapton probabilmente si è accorto subito di quanto JJ Cale rappresentasse
la fine e non l'inizio delle sue ricerche musicali. Nel 1970 quando
nel suo primo album solista interpretò After Midnight, Eric
stava cercando a sud un nuovo suono. Inseguiva Duane Allman, frequentava
nuovi musicisti del nascente southern-blues per scrollarsi di dosso
la pesante eredità di godfather del brit-blues. Poi, dopo vari tentativi,
nel 1977 con Slowhand realizzò un album che era JJ Cale al 100%, e
grazie a lui imbroccò pure il singolo della vita. E l'anno dopo si
registrò un secondo trionfo personale per JJ: una sconosciuta band
di nome Dire Straits, sputata fuori dai pub londinesi senza la minima
speranza commerciale in piena era punk/disco, conquista le classifiche
con un disco d'esordio che trasuda JJ Cale fino al midollo. Niente
male per uno che fino a quel momento aveva raccolto ben poco della
popolarità raggiunta dai suoi brani.
Quando #8
esce nel 1983 solo per chiudere un contratto, Cale ha già deciso di
ritirarsi per qualche tempo. I Dire Straits sono in cima alle classifiche
ma hanno già dimenticato la sua lezione, Clapton entra in fase Armani-blues,
le nuove leve non paiono interessate al suo songbook e lui semplicemente
decide che non ha voglia di stare al gioco. Tornerà solo nel 1990
per l'ultimo album da avere della sua collezione, un Travel
Log che ripartiva esattamente là dove finiva Grasshoppers.
La storia di Cale potrebbe finire qui. Negli anni novanta provò a
rialzare la testa con un trittico di album (Number 10, Closer To You
e Guitar Man) che sposavano (spesso malamente) un'elettronica vecchia
e sorpassata, come se gli Ottanta Cale li stesse vivendo con dieci
anni di ritardo. Il ritorno nel 2004 con To
Tulsa and Back fece subito capire che il resto della vicenda
sarebbe stato un semplice riassunto, e Roll On del 2009, rimasto infine
il suo ultimo disco, non fece che confermare l'ipotesi. In mezzo Clapton
trova il tempo di restituire qualche favore concedendogli la co-paternità
dell'album The
Road To Escondido, per il quale Cale si fregerà di un Grammy
Awards che sa più di beffa che di premio alla carriera. Il suo nome
viene spesso indicato come l'inventore dello stile "Laid Back" (rilassato),
paternità che perlomeno condivide con Tony Joe White, ma che non gli
rende nemmeno giustizia. Perché la musica di Cale era soprattutto
ritmo, e probabilmente Knopfler fu quello che più di tutti lo capì,
perché sui suoi riff basò i brani più sostenuti del suo disco d'esordio
come Setting me Up (non a caso ripresa anche da Clapton), Southbound
Again o Water Of love.
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