The Walker Brothers
Take It Easy with The Walker Brothers
[Water
/ Good Fellas 2008
]



"Fratelli" che fratelli non sono, gli americani Scott Walker (in realtà all'anagrafe Noel Scott Engel), voce leader (non da subito), John Maus, voce e chitarra, Gary Leeds (quello dal più "illustre" passato, con gli Standells), batteria, si mettono insieme a metà dei '60 in California, cogliendo i primi successi in Inghilterra, poco dopo esservi approdati e aver firmato con la Philips di colà. Le scelte effettuate dal/col produttore Johnny Franz rivelano la duplicità dello sguardo, verso la musica pop e quella black-pop, o addirittura r&b. Qualche singolo e poi quest'album (l'edizione USA avrà diversa composizione e titolo), ora ristampato dalla Water: non ci sono dati di session (si parla genericamente di musicisti di studio) e addirittura si accenna al fatto che Leeds non sia presente in nessuna delle loro incisioni…

La voce calda, tenoril-baritonale di Walker risalta bene nell'accattivante clima di armonie e sofisticati arrangiamenti orchestrali d'ispirazione Spector-Nitzsche. Apre proprio il 45 di debutto: Make It Easy On Yourself (firmato Bacharach & David) che ne indica l'indirizzo stilistico pop, seppure in termini non standard, un po' come il blue eyed soul dei Righteous Brothers (alcune note walkeriane ricordano quelle di Bill Medley), coi toni vocali caldi, le orchestrazione e i cori, ben riproposti anche in First Love Never Dies. Ancora più convincente e intensa è There Goes My Baby (Leiber & Stoller) che, come la frizzante Lonely Winds (Pomus & Shuman), è presa dal repertorio dei Drifters, mentre il latino-soul Here Comes The Night (ancora Pomus & Shuman), che attinge a quello di Ben E. King, risulta perfetto per il leader, che ha proprio tonalità simili a quelle dell'ex-cantante dei Drifters.

I tratti latineggianti rendono piacevole anche Love Minus Zero (Bob Dylan), che gode di un misurato e suadente arrangiamento orchestrale e vocale, mentre a I Don't Want To Hear It Anymore (Randy Newman) viene dato un carico melodico eccessivo, pur ben sopportato dal solismo di Walker. Dei tre r&b, Dancing In The Street, Land Of 1000 Dances e Tell The Truth, quello che ne esce meglio è il secondo, anche perché evita l'overdose zuccherina degli archi, nonostante i quali funziona bene invece il classico di Martha & The Vandellas, mentre al terzo brano (dei Five Royals, ripreso brillantemente da Ray Charles) nuoce la frenesia esecutiva e l'insistenza di un riff trombettistico. Un esordio promettente (Scott Walker diverrà solista e artista di culto a partire dal '67), con qualche punta di classe.
(Gianni Del Savio)

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