In un’intervista radiofonica del 1996 B.B. King
ha dichiarato: “Alcuni chitarristi bianchi possono suonare il blues.
Peter Green, Clapton, Jonny Lang…loro sentono il blues, ah e poi quel
ragazzo dei Whitesnake, Bernie, lo ha sempre capito”. Sebbene la fama
di Bernie Marsden, nato nel ’51 a Buckingham e morto nell’agosto
del 2023 a causa di una meningite batterica, sia legata al periodo trascorso
nei Whitesnake di David Coverdale tra il ’78 e l’82, prima fase della
carriera della band britannica caratterizzata da un solido hard rock
fortemente venato di blues, apprezzato in patria e in Europa, ma pressochè
ignorato negli Stati Uniti, dove invece esplose la nuova configurazione
della band voluta da Coverdale a metà degli anni Ottanta, dedita ad
un metal-glam di matrice americana dopo la spaccatura con i vecchi compagni,
il chitarrista ha sempre avuto un grande amore per il blues al quale
è tornato nella fase finale della sua carriera solista.
Il recente cofanetto quadruplo Big Boy Blues & Green recupera
tre album con la supervisione dell’autore, mettendo in luce un aspetto
meno conosciuto, ma significativo, del percorso di Marsden. Si parte
da Green And Blues del ’95, inciso con Josh Phillips alle tastiere,
John Gordon al basso, Steve Dixon alla batteria e la sezione fiati dei
Midnight Horns (Nick Pentelow e Nik Payne) in alcune tracce. Impostato
come un tributo ai chitarristi dei Bluesbreakers di John Mayall che
lo hanno ispirato e in particolare a Peter Green, è un disco di british
blues pregevole e raffinato che evidenzia le notevoli capacità di Bernie
anche come vocalist, spesso trascurate rispetto a quelle di chitarrista.
Spiccano Rollin’ Man con John Keeley all’armonica, lo slow Merry
Go Round, una dolente Love That Burns con i fiati in ritmica
e una chitarra vibrante e incisiva, The Welfare di Freddie King
nonché la chiusura con lo strumentale The Supernatural seguito
dalla malinconica Man Of The World.
Big Boy Blue del 2003 viene ripreso nella versione doppia pubblicata
un anno dopo rispetto a quella singola ristampata nel 2017. E’ il frutto
di diverse sessioni con formazioni comprendenti musicisti come Henry
Spinetti (batteria), Andy Pyle (basso), Phil Wiggins (armonica), Don
Airey e Josh Phillips (tastiere), Geraint Watkins (piano), Marsha Raven
e Michael Roach (voce). La voce di Marsha Raven ravviva la cadenzata
Downhome Blues in cui si ricava uno spazio il sax di Andy Hamilton
prima di un puntuale assolo di Bernie, mentre l’armonica è in primo
piano nella raffinata Funny People e nello strumentale Tone
Down in cui dialoga con la chitarra, i fiati nella solenne e notturna
Place In My Heart cantata dalla Raven e la slide nel funky/blues
Pick It Up, profumato di influenze cajun. In un album in cui
prevalgono brani autografi, si inseriscono una brillante ripresa di
Love Another Woman (Peter Green) con Marsha alla voce solista e
una meno significativa di Do It If You Wanna (Sonny Boy Williamson).
Il terzo cd Big Boy Blue: The Sessions comprende versioni alternate
e outtakes tra le quali Wiggin’s Wall veicolo per l’armonica
dell’autore, il suadente slow Someday After di Big Joe Turner,
il vigoroso up-tempo I’m Tore Down di Freddie King, un demo acustico
di Pick It Up, Place In My Heart in una versione cantata
da Bernie e in un mix strumentale che ricordano le ballate di Gary Moore
e una squillante cover di If You Be My Baby (Peter Green). Il
quarto dischetto infine ripropone Big Boy Blue…Live At The Granary,
registrato nel febbraio del 2003 in un pub di Buckingham davanti a 200
appassionati. Un concerto intimo, sudato, privo di sovraincisioni, in
cui Bernie alla voce e chitarra è affiancato da una band inappuntabile
con Nigel Neill alle tastiere, Graham Walker alla batteria (Gary Moore),
John Gordon al basso, Nik Payn all’armonica e sax (Bill Wyman), una
sezione fiati e la voce potente di Sharon Watson a suo agio sia nel
blues che nel soul.
Il repertorio affianca brani tratti da Big Boy Blue a cover di
soul e rhythm and blues. Tra i primi si distinguono una swingata Tore
Down, la ballata Funny People con un’armonica accattivante
e la voce dell’ospite Michael Roach, Loved Another Woman interpretata
con tonalità suadenti da Sharon e Man Or Mouse, tra i
secondi un’esemplare versione dello slow 3 O’Clock Blues (Lowell
Fulson) in cui emergono il sax di Payn, la voce e la chitarra dell’ospite
Ian Parker, una gioiosa Knock On Wood e Hold On I’m Coming.
In chiusura l’unico richiamo di questo box al repertorio dei Whitesnake
con una versione intima e acustica di Here I Go Again cantata
in duo da Bernie e Sharon.