È dalle backstreets di Londra che emerge la voce
di Lee Fardon, autore inglese con una carriera sfortunata e piena
zeppa di occasioni mancate, forse anche “colpa” di un destino da outsider
che non lo ha mai davvero aiutato a imporsi per la qualità incontestabile
delle sue canzoni, specialmente quelle appartenute alla prima parte
della sua quarantennale storia artistica. Nome di culto che ha sempre
avuto il sostegno della stampa specializzata, dato inversamente proporzionale
al successo di pubblico, e un’attenzione particolare proprio in Italia,
Fardon è stato per una breve stagione, tra le fine dei 70 e l’alba degli
80, uno dei possibili nomi nuovi di quella canzone folk rock che attingeva
alla lezione dei maestri (Bob Dylan e Van Morrison le stelle polari
del nostro protagonista) e la innervava con l’energia inedita del punk,
lui che proveniva dalla scena londinese del pub rock e aveva stretto
amicizia anche con un giovane Mark Knopfler (Fardon avrà occasione anche
di andare in tour come spalla dei Dire Straits).
Album quali l’esordio Stories of Adventure e il successivo The
God Given Right, forse il vertice personale dell'autore, all’epoca
pubblicati per l’indipendente Aura records, dopo che Fardon era stato
bellamente scaricato dalla più solida Arista, rappresentavano una sorta
di declinazione inglese di quello che musicisti come Elliott Murphy,
Willie Nile, Steve Forbert, e naturalmente il più fortunato e conosciuto
Bruce Sprinsgteen, stavano offrendo alla scena americana. Il suono di
Fardon era livido e romantico, aveva un’anima dylaniana e un beat che
si nutriva a distanza della nuova onda punk rock, pur mantenendo un’impostazione
da songwriter classico, cresciuto dopo la rivoluzione dei sixties. Tutto
questo non bastò a farne una stella, semmai un irregolare che negli
anni avrebbe purtroppo diradato le sue uscite discografiche, ritrovandosi
spesso senza etichetta, oppure tornando a più riprese con album poco
pubblicizzati, fino sostanzialmente a eclissarsi.
Curioso dunque che il primo live ufficiale di Fardon, se non abbiamo
fatto male i conti, arrivi proprio da una registrazione italiana, una
delle tante recuperate dall’interessante catalogo dalla New Shot, etichetta
specializzata in questa ricca offerta di concerti inediti. Mayday.
The Live Recording, come sempre approvato dall’artista stesso,
il quale scrive anche due note appassionate di ricordo del tour italiano
all’interno del libretto (il resto dello scritto è opera di Renato Bottani
della stessa New Shot), presenta diciasette brani proposti da Lee Fardon
con la band nel maggio del 2008, di passaggio sul palco dell’Auditorium
di Bergamo, una delle numerose iniziative organizzate dall’associazione
Soffia nel Vento, molto sensibile nel dare spazio ai “margini”
del rock d’autore (personalmente ricordo, tra gli altri, Willie Nile,
Dirk Hamilton, Chris Cacavas, Jack Hardy…).
Una scaletta abbondante e una buona resa sonora, che mostrano il desiderio
di Fardon di dare spazio soprattutto alle composizioni più recenti,
in particolare quelle contenute nell’ultimo arrivato Compassion,
comeback album dei primi anni Duemila dal quale sono ripescate ben sette
tracce, alternate al materiale storico proveniente dai suoi primi e
più celebrati lavori. Accompagnato da un quartetto in cui spiccano la
chitarra solista di Tony Wilson e le tastiere di Charlie Hamblin, mentre
la sezione ritmica è nelle mani del fratello Colin Fardon (basso) e
di Robert Reeve (batteria), Lee Fardon (anche chitarra ritmica) sembra
inseguire un baricentro, combattuto fra l’impostazione più nervosa e
rock del suo passato, da cui spuntano Sleepwalking, Together
In Heat, If I Can't Have You, la stessa The God Given
Right, e quella più intima, anche percorsa da venutare bluesy, del
presente.
Qualche volta ne fa le spese l’intensità dell’interprete, con una voce
un po’ zoppiccante in diversi passaggi, sebbene la band provi a tenere
il drive serrato in più di un’occasione, dando spazio quando serve alla
solista di Wilson, ma soprattutto cercando di arricchire la parte melodica
con gli spunti del piano di Hamblin, forse l’elemento più brillante
in seno al gruppo. Ci sono piacevoli e dimenticati recuperi dal repertorio
che Fardon ha seminato negli anni, anche in opere poco fortunate, come
testimoniano Broadway, Saturday Night e Anger And The
Rest, mentre gli episodi del citato Compassion offrono alti
e bassi, ma con una nota di merito, anche da un punto di vista lirico,
per Jesus Song e Sons Of Plunder.
Se il contenuto di Mayday. The Live Recording può incuriosire
soprattutto chi ha sempre riservato un posto speciale alla musica di
un autentico “beautiful loser” come Lee Fardon, per tutti gli altri
potrebbe essere quanto meno la molla per mettersi sulle tracce dei suoi
primi lp, dispersi tra gli splendidi “forati” del rock’n’roll.