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Tim
Buckley
Live at the Folklore Center, NYC: March
6th, 1967
[Tompkins Square 2009]
New York, una sera del tardo
inverno 1967. Poca gente, non più di trentacinque persone, un negozio di strumenti
musicali ed un ragazzo poco più che ventenne con chitarra acustica di ordinanza.
Tutto poteva far pensare al concerto dell'ennesimo "folksinger per caso", uno
dei tanti che affollavano il Greenwich Village in quegli anni di fermento musicale
ma soprattutto culturale. E invece, probabilmente pochi fra i presenti si resero
conto di stare partecipando alla vera e propria Epifania di un talento purissimo
e del tutto unico. Forse non se ne era accorto neppure Izzy Young, proprietario
del Folklore Center nonché autore materiale della registrazione di questo concerto,
uno che aveva visto nascere e crescere persino la parabola artistica di tale Zimmerman
Robert da Duluth, Minnesota. Tim Buckley era allora reduce dalla
pubblicazione del suo primo disco solista, prodotto da Herb Cohen. Era, quest'ultimo
lavoro, un tentativo ancora spurio, spesso sovra-arrangiato, di mostrare al mondo
come Tim non fosse per nulla assimilabile a tutti quei cantanti folk che spuntavano
come funghi da ogni coffee-house newyorkese. Nel 1967 Tim aveva in cantiere quello
che sarebbe stato il suo primo grande capolavoro, Goodbye and hello, uscito meno
di sei mesi dopo la data di questo concerto. E proprio i brani dei primi due album
del cantante newyorkese sono la base portante di questa serata. In particolar
modo brillano, in versione acustica e minimale, quei pezzi il cui arrangiamento,
nel primo album, erano sovrastati da sovraproduzioni varie, come la splendida
Wings o l'ipnotica
Aren't You the Girl, che mostra già in nuce i semi del Tim Buckley
sperimentatore che sarebbe germinato negli anni immediatamente successivi. La
malinconia che sgorga dai solchi di questo cd è paragonabile solo ad alcuni lavori
del primo Tim Hardin, un altro che con Buckley ha condiviso una vita travagliata
e segnata dalla sofferenza: ascoltare in merito l'inedita Cripples
cry, un gioiellino folkie, interpretato con struggimento e arricchito
da quel vibrato vocale che contraddistingueva già la vocalità Buckleyana nonostante
la giovanissima età. I brani che sarebbero poi entrati a far parte del
successivo Goodbye and hello, invece, sono ancora allo stato embrionale ma non
per questo meno affascinanti: ascoltare per credere la splendida versione di Phantasmagoria
in Two o No Man Can Find the War,
un brano musicalmente all'avanguardia rispetto al periodo e che riesce nonostante
la struttura scheletrica ad emozionare quanto se non di più dell'originale. Se
a questo piatto già di per sé ricco aggiungiamo la presenza, in questa registrazione,
di ben sei brani assolutamente inediti (e che denotano tutti una scrittura di
altissimo livello), non possiamo fare altro che consigliare a tutti questo album
live, indispensabile (magari accanto ai già rilasciati live del 1968, 1969 e del
1973) per ricostruire la crescita artistica di uno dei più puri talenti della
storia della nostra musica. (Gabriele Gatto) www.timbuckley.com
www.tompkinssq.com |