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Don
Winslow
Il potere del cane
Einaudi pp.714
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Sesso, soldi, potere (ovvero violenza): gli ingredienti classici del noir, già
rivisti con grande classe con L'inverno di Frankie Machine incrociano nel nuovo,
torrenziale romanzo di Don Winslow, una storia parallela e in gran parte
ancora oscura dell'America tutta, dagli Stati Uniti alla Colombia passando per
il Messico. Per quanto i personaggi coinvolti e travolti dal "potere del cane"
siano dozzine, il protagonista è uno solo, Art Keller, agente della DEA che per
vendicare un collega torturato e massacrato dai narcotrafficanti messicani, sacrifica
famiglia, carriera, tutta la vita perché "sono poche le cose che prendiamo sul
serio da queste parti, ma la vendetta è una di quelle". Nei trent'anni di guerra
personale si troverà ad incrociare le guerre della CIA, dell'FBI, dei guerriglieri
delle FARC e dietro ogni sigla un traffico (di droga, di armi, di soldi), un massacro,
tra lotte intestine, doppi e tripli giochi e appetiti insaziabili. Inevitabile
che ci sia "un mucchio di fantasmi a questa festa", ma Don Winslow firma un capolavoro
che viaggia a tutto rock'n'roll, non solo per il ritmo sincopato della sua scrittura
(che a tratti ricorda il miglior James Ellroy) ma anche e soprattutto perché cita
in modo esplicito Shane McGowan, Townes Van Zandt, Tom Waits, John Coltrane, Kris
Kristofferson e per vie più implicite (ma chiarissime a chi ha un po' di dimestichezza
con l'argomento) The Road To Ensenada (Lyle Lovett) e Sinaloa Cowboys e Balboa
Park (Bruce Springsteen). | | |
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Thomas McGuane
Il canto dell'erba
Alet pp.256
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E' un'eredità pesante quella che lascia Sunny Jim Whitelaw: il caro defunto nel
suo testamento ha inserito postille (in realtà una sola, piuttosto brutale) che
scatenano le ire, le ambiguità, le voglie e tutto un passato che ritorna in quel
nido di vipere che sono i suoi parenti prossimi. Quando poi sulla scena arriva
uno dei curatori degli interessi dello scomparso, C.R. Munjab ("Aiuto le aziende
a espandersi, oppure le aiuto a rimpicciolirsi. Ma il mio pezzo forte è farle
sparire") il sarcasmo della commedia prende le tinte di un noir e l'eredità (tutta
in blocco, non soltanto in termini economici) sarà infine la nemesi di gran parte
della disperata combriccola. Thomas McGuane è abilissimo nell'assecondare
i diversi toni, nel distillare un colpo di scena dopo l'altro e nel mantenere
sempre alte le fibrillazioni del ritmo, giocando anche con le quinte di un paesaggio
che a tratti è ampio e sconfinato o altrimenti ha i contorni ristretti e asfissianti
delle pareti domestiche. Uno sguardo "dentro e fuori" come direbbe un altro ranchero
prestato alla letteratura (e al cinema: Sam Shepard) per testimoniare il falò
delle vanità (e non solo quelle) di un'intera nazione che Thomas McGuane fa sintetizzare
così ad uno dei protagonisti: "Sofisticazione? La sofisticazione è il nostro futuro.
In America non abbiamo nient'altro: sofisticazione". Tra i libri più belli di
quest'anno.
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Joe
Cottonwood
Le famose patate
Mattioli 1885
pp.297 |
Bisogna arrivare in fondo alla fuga di Willy Crusoe alias Willy Middlebrook per
scoprire cosa sono Le famose patate. Il suo viaggio verso ovest
(ma con molti cambi di direzione) nasce dal caso perché Willy si ritrova nel bel
mezzo dell'omicidio di un poliziotto e non prova nemmeno a spiegarsi perché in
un paese dove "la giustizia sta alla legge come la verità alla pubblicità" e le
strade corrono per migliaia di chilometri come un'illusione di libertà, è più
facile (e forse logico) scappare, che provare a farsi capire. Ma, pagina dopo
pagina, e patata dopo patata, nel denso romanzo di Joe Cottonwood quell'episodio
sembra soltanto un pretesto, lo sparo dello starter sulla linea di partenza ("Se
non corri non vivi") perché con l'allungarsi del viaggio, aumenta la consapevolezza
di Willy Crusoe di essere un outisder: "La mia scelta l'ho fatta. M'hanno aperto
la porta e io ho scelto di non entrarci. Rimpianti non ne ho. Forse altri si sarebbero
comportati diversamente. Forse li ho delusi, e in tal caso anche loro hanno deluso
me. Significa che non capiscono. Guardano troppo la televisione". Non è il solo
e il suo "road movie" è costellato di incontri, uno dei quali vale per tutte Le
famose patate: "Gli piaceva parlare. Chiacchierammo per un'ora. Di quel che disse
non ricordo una parola, né uno dei miei pensieri. Non ricordo nemmeno che aspetto
avesse. Insomma, un perfetto incontro sociale. Non ci scambiammo assolutamente
nulla". E' il racconto di un'immensa solitudine. Molto dolorosa. Molto americana.
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Andy
Warhol America
Donzelli pp.98
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In origine, America era un libro fotografico, davvero "un diario
visivo" come illustra il sottotitolo, con un formato che rendeva omaggio agli
scatti (e alle visioni) di Andy Warhol. La sua riduzione a piccolo ed elegante
tascabile non gli ha tolto comunque nulla perché America rimane un brillante vademecum
per capire un paese, una nazione e soprattutto un'idea perché "tutti hanno una
propria America, tutti hanno frammenti di un'America immaginaria che credono esista
ma che non possono vedere". Nella galleria di Andy Warhol finiscono attori e attrici,
pittori (Keith Haring e Basquiat), politicanti e mestieranti e molti frammenti
di viaggio che, al dunque, è sempre l'elemento fondamentale per scoprire l'America
perché "Siamo arrivati qui partendo da qualche altra parte". L'approdo, ancora
una volta, è fantastico più che reale e con lo spirito "pop" che l'ha distinto
Andy Warhol spiegava nel 1985 quello che tutti noi avremmo scoperto con la pratica
quotidiana ovvero che "i luoghi immaginari dell'America sembrano così densi di
atmosfera, perché li hai costruiti assemblando scene di film, canzoni, libri".
In tutto questo è molto utile, bella ed efficace l'introduzione di Andrea Mecacci
che, pur con tutta l'attenzione alla fenomenologia di Andy Warhol, è aggiornata
quel tanto che basta da ricordare, tra i luoghi della mente americani, Paris,
Texas di Wim Wenders e The Joshua Tree degli U2. Indispensabile.
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