Larry
McMurtry Texas
flood: ritratto di un cantore del Southwest
- a cura
di Fabio Cerbone -
Per qualcuno è stato una delle voci narrative più
importanti del West americano, anche se non amava essere accostato al
genere (la western fiction propriamente detta e il racconto della frontiera)
e diceva di raccontare soprattutto storie coltivate nel suo Texas, contemporaneo
e passato; per altri uno scrittore “regionalista”, definizione che lo
irritava a causa di quel ghetto da accademici pieno di pregiudizi da
cui era scaturita. La risposta migliore Larry McMurtry l'ha data
portandosi a casa il Premio Pulitzer nel 1985 per Lonesome Dove
(Einaudi, 2017), il suo corposo romanzo che dava inizio alla saga dei
due Texas Rangers Woodrow F. Call e Augustus "Gus" McCrae, proseguita
poi con Streets of Laredo (Le strade di Laredo, Einaudi
2018), Dead Man’s Walk (Il cammino del morto, Einaudi
2024) e Comanche Moon. Lonesome Dove resta il più popolare
e fortunato dei romanzi di McMurtry, ma soltanto una delle possibili
varianti di quella terra aspra e polverosa che lo scrittore texano ha
saputo delineare attraverso gli orizzonti di una scrittura con il senso
dell' epica, elegiaca e dura al tempo stesso, con l’impronta naturale
del classico, sviluppata negli anni fervidi della controcultura a cavallo
fra Cinquanta e Sessanta.
Nato ad Archer City nel 1936, cresciuto nel ranch di famiglia dove apprende
l’arte rudimentale del racconto dalle storie orali tramandate dai nonni,
Larry McMurtry scopre il fascino dei libri durante il periodo del college,
si laurea alla Università del North Texas e frequenta i famosi corsi
di scrittura della Stanford University in California, lì dove nasce
l’amicizia con vere e proprie icone della nuova letteratura post-beat
come Ken Kesey (McMurtry sposerà in seconde nozze la vedova di quest’ultimo,
Norma Faye Kesey) e l’interesse per una cronaca dell'american dream
che scruti e faccia emergere le tensioni tra gioventù e mondo adulto,
fra la società del benessere del dopoguerra e le nuove istanze libertarie,
il tutto immerso nel piccolo mondo della provincia.
Sono gli anni che daranno forma ai suoi primi fondamentali romanzi,
ambientati nell’immaginaria cittadina di Thalia in Texas (ma molto vicina
all’esperienza famigliare ad Archer City), l’esordio del 1961, Horseman,
Pass By (Hud il selvaggio, Mattioli 1885, 2006) e il primo
capolavoro riconosciuto, The Last Picture Show (L’ultimo spettacolo,
Mattioli 1885, 2006) del 1966, che inaugurano anche il suo fertile rapporto
con il cinema: entrambi, infatti, finiranno “tradotti” sul grande schermo
nei rispettivi film di Martin Ritt con protagonista Paul Newman e di
Peter Bogdanovich con un giovane Jeff Bridges. Il secondo, in particolare,
diventa un culto vero e prioprio della Nuova Hollywood dei primi anni
Settanta, aiutando a diffondere il nome di McMurtry, da qui in avanti
più volte alle prese con sceneggiature per cinema e televisione dei
suoi scritti orginali (ricordiamo almeno Falling from Grace,
lungometraggio a firma John Mellencamp del 1992) e non solo (suo, per
esempio, l’adattamento di Brokeback Mountain, tratto da un racconto
di Annie Proulx). È il caso naturalmente anche del citato Lonesome
Dove, che si trasformerà in un’apprezzata miniserie di quattro episodi
per la tv americana(CBS) alla fine degli anni Ottanta, protagonisti
Robert Duvall e Tommy lee Jones, così come il vincitore di ben cinque
premi Oscar Terms of Endearment (Voglia di tenerezza,
Einaudi 2021), portato al cinema dal regista James L. Brooks con Shirley
MacLaine e Jack Nicholson.
A dispetto del successo popolare e dell’apprezzamento della grande industria
dello spettacolo, McMurtry rimarrà tuttavia orgogliosamente legato alle
sue origini, presentandosi alle cerimonie di premiazione nei suoi stivali
texani e preferendo coltivare non solo la sua metodica arte della scrittura
(ogni giorno, feste incluse, scrupolosamente descrive il suo lavoro
su almeno dieci pagine battute a macchina), ma anche la passione riconosciuta
di antiquario e collezionista di libri, fondando l’amatissima Booked
Up, libreria indipendente (migliaia di lettori si mobiliteranno negli
anni per mantenerla in vita, nonostante le difficoltà econmiche) situata
nella sua Archer City, vera e propria miniera di tesori che arriverà
a superare i 400.000 titoli.
Autore prolifico di una quarantina di romanzi, suddivisi in opere singole
o in vere e proprie saghe (le cosiddette Lonesome Dove series e The
Berrybender Narratives tra le più apprezzate presso i lettori americani),
Larry McMurtry è scomparso nel marzo del 2021 a 84 anni lasciando -
ci piace pensarlo, sebbene i due mantenessero le dovute “distanze” fra
le rispettive carriere - un’eredità artistica sui generis nel figlio
James, sublime songwriter ben noto alle cronache di RootsHighway e di
chiunque abbia incrociato i destini della migliore canzone (country)
rock d’autore texana degli ultimi tre decenni.
Il
trailer di The Last Picture Show (di Peter Bogdanovich, 1971):
Dead Man's Walk
- a cura
di Marco Denti -
Larry
McMurtry
Il cammino del morto [Einaudi,
pp.544]
Gli
spazi infiniti del West venduti senza pudori dominano l’immaginario
americano come una terra di conquista e il mito della frontiera coincide
con quella destinazione ossessiva, come se fosse una meta con un valore
ben oltre le possibilità geografiche ed economiche. Uomini e animali
uniti da una prospettiva traballante e pericolosa viaggiano attraverso
le forche caudine della sete, della fame, delle asperità dell’ambiente
e del clima, dalla siccità ai tuoni e ai fulmini fino al gelo. Devono
attraversare le terre dei Comanche e i ranger del Texas sono le forze
speciali, l’avanguardia, la scorta. Tra loro ci sono i giovanissimi
Gus e Call all’inizio della quadrilogia di Larry McMurtry che
comprende Lonesome Dove, Le strade di Laredo e Luna
Comanche.
Una prima spedizione, quasi un prologo, finisce in un disastro. La seconda,
quella che porta a intraprendere Il cammino del morto,
ha persino l’ambizione di conquistare Santa Fe. Gus e Call vagano nella
prateria, con i sensi in allarme verso forme che cambiano, cercando
di orientarsi in un contesto spietato, dove la conoscenza di una formazione
rocciosa, di una piega della luce all’alba o dell’odore della pioggia
in arrivo può distinguere tra vita e morte. È un mondo tagliente, obliquo
e polveroso, dove prevale la lotta per la sopravvivenza. Il cammino
del morto è un romanzo dettato dagli elementi: terra (il deserto),
aria (il vento) e fuoco che si aggiungono all’acqua, quando c’è, e ancora
di più quando è assente. Ai suoi ranger Larry McMurtry non risparmia
niente: Il cammino del morto è una specie di ordalia senza fine,
con un capolinea in un lebbrosario.
La storia si racconta da sola e le prove bibliche definiscono una lunga
teoria di personaggi indimenticabili non meno dei loro tragici destini
perché “fare il ranger significa poter morire ogni giorno. Se non
vuoi correre il rischio, conviene che ti dimetti”. Quando Gus e
Call viaggiano “nella vastità del deserto, l’assottigliarsi del gruppo
li faceva pensare a quanto erano piccoli e insignificanti rispetto agli
spazi che attraversavano”. L’habitat, magnifico e ostile, è determinante
perché “i Comanche erano padroni del loro territorio a un livello
irraggiungibile per i ranger”. Si scontrano con la leggenda di Buffalo
Hump, con le assurde torture di Kicking Wolf e come se non bastasse
devono affrontare anche gli Apache di Gomez (non meno efferati) e l’esercito
messicano comandato dal capitano Salazar che, oltre a catturarli e a
punirli, si prende il compito di sentenziare: “In questo territorio
siamo forestieri rispetto a loro. Sappiamo qualcosa sugli animali, tutto
qua. Gli Apache sanno quali erbe mangiare. Fiutano le radici, le dissotterrano
e le mangiano. Riescono a sopravvivere in questo territorio perché lo
conoscono. Quando impareremo a fiutare radici e a conoscere le erbe
commestibili, forse potremo combatterli alla pari”. In poche parole,
“vuol dire che dobbiamo essere selvaggi, come i selvaggi”.
Per la legge del contrappasso che domina la wilderness di Larry McMurtry,
tutto quello che rimane è un manipolo di disperati che devono sopportare
“barlumi di speranza che erano nati, ma poi anche morti; le promesse,
e il fallimento delle promesse”. Gus e Call superano prove da girone
dantesco, ma lungo Il cammino del morto viene forgiata la loro
amicizia, un legame che sarà il tratto distintivo in tutta la saga.
Finale turbolento, fantasmagorico e sorprendente nel viaggio verso San
Antonio e l’oceano, un panorama simbolico opposto e complementare alla
prateria, al deserto e alle montagne, ma altrettanto impossibile. Epico.