Nick Hornby
31 canzoni

Guanda
pp.169


Bisognerà ringraziare, prima o poi, chi ha convinto Nick Hornby a scrivere di musica. Perché è un lavoro più complicato di quanto sembri: bisogna trovare una connessione tra le emozioni, strettamente personali, che suscita questa o quella canzone, e le vibrazioni di chi legge. Il percorso non è né facile né scontato perché è un po' un mestiere da rabdomanti: spesso si va per intuito, per feeling, per assonanza. Lo spiega benissimo Nick Hornby in un passaggio di 31 Canzoni: "Imparare ad apprezzare le canzoni non ha a che fare con la crescita, ma con l'acquisizione di un sicuro gusto musicale e la capacità di giudicare da sé". Ciò che conta è proprio questo: chi scrive può essere un aiuto, più o meno valido, ma arrivare, come si dice in gergo, ad un disco, ad una rock'n'roll band o più semplice ad una canzone, tocca sempre a noi e a voi. Da questo punto di vista, 31 Canzoni è semplice, quasi elementare, diretto: Nick Hornby ha scelto un pugno di brani che hanno dato una sfumatura, un colore, un'atmosfera particolare alla sua vita e ha cercato di capire come e perché quei cinque minuti sono diventati così importanti. Due gli estremi che tocca 31 Canzoni. Si parte da Thunder Road di Bruce Springsteen di cui Nick Hornby offre una lettura molto pertinente rileggendola da entrambi i lati: l'euforia adolescenziale e l'elegia dell'età adulta. E poi, medaglia al valore, un intero paragrafo per l'outsider per eccellenza, Paul Westerberg, qui presente con una disanima di Born For Me. Andrebbe comprato anche solo per questo.
 

Caetano Veloso
Verità Tropicale
Feltrinelli
pp.408


E' una questione di prospettiva: una garage band può sembrare marginale e rivoluzionaria negli Stati Uniti d'America o in Europa, ma può ben essere una pia illusione in Brasile, dove l'automobile, e di conseguenza il garage, sono soltanto sogni per i più. Di queste e mille altre contraddizioni tra l'universo brasiliano e il resto del mondo è pieno questo bellissimo libro di Caetano Veloso. La traccia autobiografica di fondo è relativa perché Verità tropicale racconta, sì, l'evoluzione di una persona (e di uno straordinario musicista), ma anche e soprattutto l'emergere di una nazione, di un modo di pensare, di vivere, di affrontare la propria cultura e quella degli altri. Tutto compreso perché la musica e la rivoluzione di Caetano Veloso comprendono Elvis ("Partendo dal presupposto che ciò che è importante per gli Stati Uniti lo è anche per il resto del mondo, la figura di Elvis, il suo sound e la sua leggenda segnarono profondamente l'immaginario internazionale") e i Rolling Stones, Joao Gilberto e Gilberto Gil, Bob Dylan e i Beatles, ma anche il carcere e l'esilio, la lotta per la giustizia e per la libertà. Con una postilla illuminante sul rapporto tra sud e nord del mondo: "In poche parole, io stesso potrei affermare che non vivo ciò che mi interessa nella mia creazione a partire dalla prospettiva del secolo americano, bensì dal suo possibile superamento". Un libro da non perdere
   

Kurt Vonnegut
Mattatoio n°5

Feltrinelli

pp.196


Cominciare a (ri)scoprire Kurt Vonnegut, con Mattatoio N. 5, oggi, suona straordinariamente attuale, anche perché la storia si ricicla senza fantasia, le vite vengono travolte dalla guerra senza riuscire a capire come ci si è arrivati e perché non finirà mai. Il coraggio e la bellezza in un narratore come Kurt Vonnegut sono nel fatto che lui le grandi domande se le pone, magari con il sorriso sulle labbra e tra le righe, ma senza temere i critici, i mass media e la televisione. Senza fuggire in trame di circostanza e personaggi edulcorati, anche a costo di dire: "Ho fatto cattivo uso della fiction per diffondere le mie strampalate idee sugli Stati Uniti d'America, follie che sarebbero più consone alla pagina degli editoriali di qualche giornaletto mal stampato dai fanatici delle frange più estreme. Prima tra queste idee, quella che il morbo più diffuso tra i i miei connazionali è la solitudine". Eppure, come scrive in Mattatoio N. 5, "siamo, tutti, insetti in un blocco d'ambra" e forse i suoi romanzi (insieme a Mattatoio N. 5 esce Ghiaccio Nove e sono previste le riedizioni di Piano Meccanico, del Grande Tiratore e dei brillanti racconti di Benvenuta Nella Gabbia Delle Scimmie) sono una sorta di rimedio, un modo per sognare diversamente o per leggere più a fondo la realtà, senza aver paura di riderci sopra.
 

Donald Barthelme
Ritorna, Dottor Caligari
Minimum Fax
pp.202


Scriveva Donald Barthelme: "Noi abbiamo cari i libri che contengono una quantità di materiale cheap, materiale che si presenta non del tutto rilevante (o per nulla rilevante, in certi casi) ma che, seguito con assiduità, può fornire una specie di senso di ciò che accade. Il senso non è ottenibile leggendo tra le righe (giacché non c'è nulla in quegli spazi bianchi) ma leggendo per l'appunto le righe". Sembrerebbe un gioco di parole e forse lo è anche perché Donald Barthelme è stato un grande chimico della letteratura. Lo shock generato dalle sue visioni linguistiche ("Una delle cose divertenti dello sperimentalismo linguistico è che per la gran parte non è ancora stato tentato. Prendete due parole come naftalina e vagina, mettetele insieme e scoprite se significano qualcosa di nuovo; magari non sarete soddisfatti di questo accostamento, nel qual caso potrete buttarlo via, e prendere le prossime parole, e così via") ha prodotto un'onda lunga che ha attraversato almeno un paio di generazioni di scrittori americani. I Raymond Carver prima e i David Foster Wallace poi hanno subito e attinto dal fascino di quelle "storie dall'aria strana" che Donald Barthelme collezionava una dopo l'altra ribaltando i dizionari e i modelli di scrittura e lettura. Ritorna, Dottor Caligari è l'esempio più importante: certo non facile, perché la sperimentazione richiede attenzione, ma pungente e visionario, che è quanto basta e avanza.

 


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