La
ballata di Hollis Bragg Speciale
"Un diluvio di veleno" di Jordan Farmer
- di Fabio Cerbone -
Jordan
Farmer Un diluvio
di veleno [Jimenez,
pp.266]
Gli Appalachi sono il posto ideale per il grottesco. Non credi?
(Un diluvio di veleno)
Coopersville è un altro angolo di America dimenticato
da Dio (e dal governo): il cuore della West Virginia, tra la catena
degli Appalachi, è il set ideale per ambientare uno di quei film dell’orrore
sulla provincia degradata. Soltanto che la realtà supera sempre di gran
lunga qualsiasi sceneggiatura e Un diluvio di veleno si
abbatte sugli abitanti della zona, già di per sé emarginati e impoveriti
da uno sfruttamento costante del suolo (luogo di miniere per eccellenza)
che si è portato via tutto quello che c’era da sfruttare. Questa volta
la vittima è l’acqua, inquinata dalle industrie chimiche, una scia di
schiuma tossica che inasprisce lo scontro e alimenta proteste ambientaliste
che si dividono tra richieste legittime di essere considerati finalmente
come esseri umani (“Ci prendono in considerazione solo quando il
resto del paese ha bisogno delle nostre risorse o di qualcuno da prendere
in giro”) e tentazioni un poco più fuorilegge, che vorrebbero far
saltare il banco con un gesto di rivolta.
Nel mezzo scorre la vita complicata di Hollis Bragg, chitarrista eccezionale
con un armamentario di Telecaster e Gibson e autore occulto che vive
isolato nei boschi, al di là di un torrente da guadare. Scrive per sé
canzoni magnifiche che nessuno ascolta e si guadagna da vivere vendendo
sottobanco le altre ai Troubadours, una band di successo che come tanti
ha fatto i bagagli per Nashville, trovando lì il colpo di fortuna. Hollis
si nasconde, inadatto ad affrontare la realtà là fuori (“Quante volte
mi sono perso qualcosa di buono per mancanza di fiducia?”), perché
è segnato nel corpo, deforme nella curvatura innaturale della sua schiena
che lo costringe a ingoiare pillole, e anche nell’anima, figlio di un
invasato predicatore di montagna che ha dispensato Bibbia e fandonie
per una vita intera, prima di lasciarlo solo al mondo.
Jordan Farmer giostra sui piani intrecciati del gotico americano,
del noir (non mancheranno omicidi e contorno di sceriffi) e del romanzo
di denuncia ambientalista per imbastire una storia che più “roots” di
così non è possibile immaginare: da qualche parte fra James Dickey e
Flannery O’Connor, il suo secondo romanzo Un diluvio di veleno
è una galleria di personaggi che hanno l’impronta tipica degli outsider,
di quelli fuori posto, irregolari, con una valanga di scheletri negli
armadi e di conflitti irrisolti. C’è l’alter ego di Hollis, l’amata
Angela Carver con cui duettava da ragazzo e che se n’è andata per sempre
a Nashville, diventando una stella con i Troubadours; ci sono Caroline
e Rosita, altre donne che segneranno a modo loro il percorso di Hollis
Bragg; c’è Russell Watson, rampollo di famiglia che si diverte a dissacrarne
il buon nome con una rock’n’roll band tutta trucchi e violenza sonora;
e c’è Victor, ufficialmente un bassista, in pratica uno psicopatico
che gira armato e trama una vendetta contro gli inquinatori di Coopersville.
L’intreccio è concentrico, e ci riporta alla nascita della passione
per la musica di Hollis, alla chitarra suonata di nascosto dal padre,
imparandone tutti i segreti (“Il talento innato è una falsità. I
miglioramenti nell’arte avvengono allo stesso modo che nella muratura”),
fino al primo incontro rivelatore con Angela, ma poi torna al grigio
presente di Coopersville, lì dove “le strade sono disseminate di
solenni ricordi di ciò che un tempo occupava ogni angolo”, costringendo
Hollis Bragg a uscire dalla sua tana e a fare i conti con i molti fantasmi
che lo circondano. “Le montagne ci tenevano isolati ma nello stesso
tempo al sicuro”, afferma a un certo punto Hollis, ma quella sicurezza
è destinata a crollare davanti all’avanzare convulso degli eventi, sia
nella sua vita privata, sia in quella della sua martoriata cittadina,
comprese alcune dolorose perdite. Attraverso questo passaggio Hollis
Bragg capirà che “tutti i corpi sono magnifici errori” e non
solamente il suo, ricavandone la forza per trovare il posto che gli
spetta nel mondo, e magari per provare una buona volta a metterci la
faccia, a cantare le sue canzoni in pubblico senza più nascondersi in
mezzo ai monti Appalachi.
Un diluvio di veleno,
una playlist musicale ispirata
dalla lettura del libro
(a cura di Fabio Cerbone)
La figura
di Angela ricorda molte interpreti femminili (pensiamo per esempio Emmylou
Harris). A chi ti sei ispirato e che peso ha avuto nella costruzione
del romanzo?
Ho immaginato Angela come il tipo di donna che è cresciuta
influenzata e, nello stesso tempo, soffocata dal suo ambiente. Ha le
caratteristiche di cantanti femminili country come Loretta Lynn o Patsy
Cline, ma ha anche ammirato e creato il suo stile dopo artiste rock
come Joan Jett e Deborah Harry dei Blondie. È intelligente, talentuosa
e ambiziosa, ma l’industria musicale non riesce a capire il dualismo
di una cantante femminile ispirata sia alla musica country che a quella
rock.
Mentre creavo il suo personaggio, pensavo al modo in cui le conquiste
artistiche delle donne possono essere manipolate da coloro che mercificano
la loro arte e i loro corpi. Le persone di cui si è circondata nell’industria
musicale le permetteranno solo di avere un tanto di controllo sulla
sua arte e immagine. Non le permetteranno di esplorare tutti i suoi
interessi musicali. Per Hollis, è stata amica, partner nel songwriting
e, finora, l’amore della sua vita. Entrambi si sono fatti del male,
ma hanno anche incoraggiato l’altro a lottare per le cose di cui avevano
bisogno artisticamente. È una relazione complicata.
Hollie Bragg, con la sua deformazione,
sembra essere un riflesso della contaminazione del paesaggio. Che rapporto
c’è tra ambiente e personaggi?
Sono nato con un disturbo osseo che ha rallentato la
mia crescita e ha limitato la mia altezza adulta. Ho anche la scoliosi.
La combinazione di questi due disturbi significa che vivo in quello
che definirei un corpo non convenzionale. Crescendo, raramente mi capitava
di leggere storie o vedere film su personaggi come me. Quando, di tanto
in tanto, trovavo un racconto su qualcuno che ha a che fare con un corpo
simile, non rifletteva correttamente la vita che stavo vivendo. In quelle
narrazioni non c’era attenzione sull’amore, l’arte, la famiglia, il
lavoro, il sesso, o altri problemi della vita reale.
Con Hollis, volevo scrivere una storia su un uomo che vive all’interno
di uno di questi corpi non convenzionali che lottano con qualcosa di
più del corpo stesso. Poi, per rispondere alla vostra domanda, non c’è
un’immediata connessione tra lo stato fisico di Hollis e l’ambiente
dove vive, ma nel subconscio si possono creare connessioni tematiche
sul modo in cui la società maltratta sia le persone che la terra in
cui abitano. Hollis scrive per conto dei Troubadours. Sta facendo soldi,
ma non riceve crediti artistici per la musica. I soldi che Hollis riceve
da ghostwriter valgono la pena di perdere il diritto di rivendicare
la musica come propria? Non credo, e alla fine neanche lui. Per me c’è
un’altra connessione, e riguarda come gli abitanti di Coopersville sono
occupati nelle stesse miniere e compagnie chimiche che danneggiano il
loro ambiente, avvelenano la loro acqua, e distruggono il loro paesaggio.
Sia la gente che la terra sono sfruttate in modi diversi da queste società.
La West Virginia è una parte del
territorio americano particolarmente sacrificata dal punto di vista
ambientale e il tuo romanzo lo mette in evidenza. Quale è il tuo punto
di vista sulle condizioni ambientali?
Nei primi anni del ventesimo secolo, l’isolamento fisico
rese facile l’istituzione di un sistema in cui le uniche professioni
possibili nella zona fossero pericolose e sottopagate come l’estrazione
del carbone. Originariamente, i minatori di carbone non venivano nemmeno
pagati in dollari, ma in crediti che potevano essere spesi solo nei
negozi dell’azienda dove trovavano tutti i prezzi gonfiati. Altre opportunità
di lavoro sono state appositamente limitate al fine di trattenere gli
uomini che svolgono il lavori più pericolosi, e distruttivi per l’ambiente.
La gente del posto ha cercato di cambiare il sistema nel corso degli
anni, ma c’erano troppi interessi nel derubare l’Appalachia delle sue
risorse senza ricompensare adeguatamente gli abitanti.
Anche oggi, con i cambiamenti climatici che minacciano il nostro pianeta,
gran parte delle campagne per le energie rinnovabili e altri progressi
necessari sono minati da false narrazioni che sostengono che sarebbe
economicamente pericoloso. La West Virginia è casa mia e mi piace, ma
è stato difficile vedere i danni ambientali che ha subito. Spero che
questo cambi in futuro, mentre il mondo affronta le tristi realtà del
cambiamento climatico.
Mi ha colpito il fatto che, sia
per Angela che per Hollis, gran parte dei problemi nascono dalle rispettive
famiglie, come se anche loro risentissero dell’influenza del territorio.
Il padre di Hollis non era destinato a rappresentare
i padri in generale, tanto quanto la figura di uomo interessato al potere
e al suo abuso. È più un sistema di controllo sotto il quale Hollis
è costretto a vivere, un insieme di regole che Hollis non può rispettare
e da cui che deve fuggire. Quando ho pensato al padre di Hollis, i miei
pensieri non riguardavano i padri e i figli, ma gli individui che cercano
di fare arte o semplicemente di vivere dentro la tensione di forze che
gli vogliono negare quel diritto. La mia famiglia è gentile, incoraggiante
e amorevole. Molto diversa dalla famiglia di Hollis: i miei genitori
hanno iniziato come una povera coppia della classe operaia e gradualmente
hanno progredito migliorando i loro lavori e trovando una vita più stabile
nella classe media. Non erano il tipo di persone che potevano permettersi
il lusso di tentare vocazioni in campi incerti come le arti, ma non
hanno mai cercato di indirizzarmi verso obiettivi più gestibili o sicuri.
Sapevano che avevo bisogno di provare a scrivere e mi sono sempre stati
di supporto. Penso che ci sia qui una lezione per chi vive con o ama
un artista. Il fallimento è una parte enorme della vita di un artista
ed essere supportati in quei momenti è fondamentale. I veri artisti
sono più felici di lottare per l’arte piuttosto che rinunciare a alle
loro aspirazioni.
Nel corso del romanzo, il guado
da e per la casa di Hollis viene compiuto più volte e il fiume, alla
fine, ha un ruolo determinante. È una simbologia molto forte. È voluta
o è nata spontaneamente nel corso della scrittura del romanzo?
In origine, l’attraversamento del fiume doveva evidenziare
l’isolamento di Hollis e le difficoltà che a volte derivano dalla vita
rurale, ma con il progredire della storia, ogni viaggio ha cominciato
a rappresentare tematicamente le lotte della gente nella zona. Non l’avevo
pianificato. È successo mentre scrivevo. A volte questi incidenti felici
si verificano mentre si lavora a una storia, ma non si può cercare di
farli accadere. Hai bisogno di fortuna e devi lasciare che venga dal
subconscio.
Nell’evoluzione del racconto, si
notano, almeno dal punto di vista musicale, le diverse dinamiche tra
songwriter e rock’n’roll band, che poi sono anche determinanti.
Penso che sia molto difficile stare in una band. Ci sono
un sacco di opinioni creative diverse e un sacco di ego. Per me, potrebbe
essere bello lavorare insieme, sentire quel senso di cameratismo, ma
mi piace il singolare controllo della narrativa. Non sono sicuro che
andrei d’accordo in una band dove ognuno ha la propria visione per la
musica. Mi piace la mia visione. Questo non significa che gli scrittori
non debbano ascoltare le critiche o le opinioni utili di agenti o editori.
Entrambi sanno di cosa stanno parlando e vogliono aiutarti ad articolare
al meglio possibile la tua visione. I compagni di band possono essere
diversi. Un compagno di band potrebbe non essere preoccupato per l’intero
progetto, se non per il tempo passato sotto i riflettori. Non vorrei
compromettere i miei ideali artistici perché il batterista, il cantante
o qualche altro membro del gruppo pensa che la musica debba essere un’altra
cosa.
Jim Carroll, Cramps, X, T.S.O.L.,
e per certi versi Warren Zevon rappresentano forme musicali estreme
che probabilmente appartengono agli Excitable Boys, ma che di sicuro
fanno parte del tuo background. A quali altri musicisti e dischi hai
fatto riferimento lavorando al romanzo?
Le mie prime influenze musicali furono i dischi country
di mio nonno con artisti come Johnny Cash, Merle Haggard, George Jones
e altri classici musicisti country americani. Quando ero un adolescente,
ho trovato il punk rock. Mi sono davvero identificato con The Clash,
Blondie, The Ramones e altre band punk moderne come Rancid e The Gaslight
Anthem. Per me, il country e il punk erano entrambi generi estranei,
entrambi facevano musica senza la sicurezza, l’appeal e le risorse della
musica pop. Sono l’alienazione e la ribellione che mi hanno parlato.
Amo un sacco di musica. Mentre scrivevo il libro, ascoltavo un sacco
di folk rock americano come Jason Isbell, John Moreland, Orville Peck
e Tyler Childers. Sono anche fortemente influenzato da Tom Waits, The
Cure, Muddy Waters, Townes Van Zandt, Etta James, Brian Fallon, Howling
Wolf, Prince, Leonard Cohen, John Lee Hooker, Lucinda Williams, Otis
Redding, Bruce Springsteen, The Weekend, Concrete Blonde, The Cramps
e Warren Zevon. Mi sono goduto anche la sinth wave di un gruppo chiamato
The Midnight.
Al contrario la musica folk o cantautorale,
quella che appartiene di più a Hollis Bragg, sembra essere un rifugio,
o una sicurezza. È così? Da cosa dipende?
Penso che l’arte sia sempre un rifugio. Certamente, lo
è stata per me. Ti permette la possibilità di fuggire dagli orrori del
mondo e se sei infinitamente fortunato, la possibilità di cambiarlo.
Almeno ti offre un controllo momentaneo, fino a quando ti rendi conto
che lo devi perdere, perché la tua creazione diventa pubblica. L’arte
è nella comunicazione. Spesso, è un modo per condividere una verità
emotiva ed empatia con un pubblico di estranei. È un’aspirazione, una
terapia, e la cosa più vicina a qualcosa di sacro.
La tappa a Nashville sembra una
soluzione, anche dal punto di vista ambientale. Lì i tuoi personaggi
stanno tutti meglio. Perché? Cos’ha di speciale, Nashville?
Penso che, indipendentemente dalla destinazione, Hollis
dovesse lasciare casa sua, che era diventata per lui un luogo di isolamento,
un posto per nascondersi. Aveva bisogno di uscire fuori e accettare
che la sua arte venisse coinvolta anche dal pubblico. Se non avesse
lasciato la sua casa, e le sue ferite, non avrebbe mai migliorato la
sua situazione, e cambiato la sua vita.
Infine, quando hai realizzato che
volevi scrivere? C’è qualcosa che ti piace fare quando non stai scrivendo?
Non appena ho avuto l’età per capire che qualcuno aveva
scritto le storie che amavo, ho capito che era quello che dovevo fare.
All’epoca, pensavo che le persone che formavano l’America rurale avessero
meno posti per vendere le loro storie. Ho dovuto trovare scrittori come
Harry Crews, Dorothy Alison, Lee Maynard, Breece D’J Pancake e Bonnie
Jo Campbell per capire che c’era un posto per le storie provenienti
dall'America rurale. Eppure, non ho mai immaginato questo livello di
successo. Quando non scrivo mi interessano altre forme di espressione:
amo il cinema e la musica dal vivo. Suono un po’ la chitarra, mi piacciono
i fumetti, i videogame e giocare a Magic: The Gathering con un gruppo
di amici.