Ted Gioia Delta Blues I grandi musicisti del Mississippi che hanno rivoluzionato la musica [EDT,
pp. 459]
Decenni di testi sulla storia (le storie…) della
black music, in particolare del blues, e ancora più di quello rurale
che vede il cosiddetto Delta come “fonte primaria”, ci hanno abituati
ad (in)seguire le vicende documentate e le leggende, che riguardano
interpreti noti o meno. Del californiano Ted Gioia abbiamo apprezzato
l’eccellente The Jazz Standards (2012), disamina di molti brani
di quell’affascinante repertorio, strumentale e vocale. Uno dei pregi
di questo libro, pubblicato in USA nel 2009, sottotitolato “I grandi
musicisti del Mississippi che hanno rivoluzionato la musica”, è
lo schema narrativo: appassionante e supportato da una serie di riferimenti
e di possibili varianti, anche “mitologiche”, mettendo a confronto diverse
fonti, testimonianze dirette e non, o teorizzando in base a documenti
di altri ricercatori e studiosi - John e Alan Lomax, Samuel Charters,
Peter Guralnick, David Evans fra questi -, e di archivi di etichette
discografiche.
Nonostante l’enorme bagaglio storico e il carico degli artisti/personaggi
e delle loro vicende, Delta Blues ha un linguaggio narrativo
scorrevole. Altro pregio dell’imperdibile viaggio - che ha origine in
quell’ area, riprodotta in due mappe, una generale e una di dettaglio,
ma che ne varca necessariamente i confini -, è dato dall’ attenzione
a nomi “sullo sfondo”, anche personaggi femminili che, comprensibilmente,
hanno meno vicissitudini itineranti e, non arrivando ai luoghi di attività
discografica, meno occasioni di essere documentati. Spazio pure per
penitenziari quali Parchman Farm, in Mississippi, e la famigerata Angola
Prison, in Louisiana. Pagine imperdibili quelle dedicate alla ricerca
di artisti, (ri)scoperti anche dalle generazioni che animeranno il rock
degli anni ’60 e oltre, abbeverandosi a quelle fonti: Yardbirds, Rolling
Stones, Cream, Led Zeppelin, Canned Heat, per citare alcuni dei gruppi
famosi, nonché singoli appassionati quali John Fahey.
Tra gli imperdibili ritratti, anche caratteriali, ci sono quelli di
Charley Patton, Blind Lemon Jefferson, Skip James, Son House (vero e
proprio tour de force riguarda il rintracciare e riportare al “peccaminoso
blues” gli ultimi due che avevano abiurato la devil’s music), Mississippi
John Hurt, Robert Johnson, Muddy Waters, Howlin’ Wolf, John Lee Hooker,
Bukka White, Elmore James, Fred McDowell, B.B. King. Passaggi non superficiali
riguardano pure alcuni loro contemporanei e/o comprimari, più o meno
riconosciuti per i meriti, tra cui Ishmon Bracey e Thomas Johnson, ricollegandoli
ai percorsi di una cultura che ha anche originato e alimentato gran
parte di quello che, come detto, è poi avvenuto in un ampio panorama
culturale e musicale. Non manca l’attenzione a riscoperte relativamente
più recenti, quelle di Otha Turner (fife and drums che risalgono ai
primordi afroamericani) - artista celebrato da Martin Scorsese in Feel
Like Going Home, uno dei suoi stimolanti film dedicati alla storia
del blues -, R.L. Burnside e Junior Kimbrough che, rintracciati dopo
percorsi tortuosi, a volte casuali, mettono in moto nuove iniziative,
collaborazioni e contaminazioni.
Seppure appena accennate, a causa della scarsa documentazione, Gioia
cita anche tre cantanti e strumentiste che hanno lasciato pochissime
incisioni, rimanendo pressoché sconosciute: la pianista Louise Johnson,
e le chitarriste Geeshie Wiley e Mattie Delanie (“… stile vocale tagliente…
dà una speciale intensità a Tallahatchie River Blues, una delle migliori
tra le molte canzoni dedicate alle inondazioni del Mississippi”.). Qualche
perplessità invece sullo scarso spazio dedicato a Memphis Minnie, che
sconosciuta non è…
Insomma, un libro non “acritico” e agiografico, ma pieno di riferimenti,
dati incrociati o, in mancanza degli stessi, di ragionati confronti.
I numerosi riferimenti gergali, necessari alla narrazione sono chiariti
nel “Glossario”, ben curato dal traduttore del libro Francesco Martinelli
(da qualche parte gli sfugge un “i pneumatici”); è una delle sezioni
che occupano le oltre 50 pagine in coda al testo: “Note”, “Ascolti consigliati”
(100 incisioni essenziali di blues), “Letture consigliate”, l’indispensabile
“Indice”, nonché sedici pagine di foto in bianco e nero.