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James
Crumley
La terra della menzogna Einaudi
pp.288
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Dovrebbe essere una terra promessa, il Texas. Milo Milodragovitch, il protagonista
di La terra della menzogna, è di un altro parere: "da queste
parti o vengono tutti da fuori o sono tutti fuori di testa" dice ed è la svolta
della storia perché l'unico modo di sopravvivere è quello di essere il più fuori
di tutti. In un certo senso, i suoi luoghi e i suoi percorsi mentali diventano
il riflesso delle strade e dei posti che si ritrova ad affrontare: un paesaggio
dove la frontiera è ovunque e non solo tra Messico e U.S.A., ma anche tra città
e deserto, tra uomini e donne, tra presente e passato, tra giustizia e vendetta.
Nel tessuto noir di James Crumley scorrono whiskey e cocaina a fiumi, fucili
e pistole inondano di proiettili ogni pagina, ad un ritmo che travolge il lettore.
In realtà, dietro questa cortina fumogena, costruita con molto mestiere, James
Crumley mette Milo Milodragovitch in condizione di ricostruire una lunga teoria
di rapporti (di parentela, d'amicizia, d'affari) che si dipanano come una ragnatela
lungo l'arco temporale di un paio di generazioni. A questa trama si sovrappone
l'ordito paesaggistico dove il Texas (e Las Vegas, e un frammento di Montana)
diventa un'aspra, spietata terra di nessuno, con la menzogna come principale moneta
corrente. Consigliatissimo. | | |
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Leonard
Cohen
Il gioco preferito Fazi editore
pp.130 |
Ha detto Leonard Cohen, un anno prima che Il gioco preferito
vedesse la luce, nell'ottobre 1962: "Abbiamo tutti molte immagini di noi stessi.
E' sempre una sorpresa vedere quale assumiamo". E' attorno a questa semplice
deduzione che sembra ruotare il suo esordio nel mondo della prosa. Il suo volto
di bambino è solo pulviscolo nella neve esattamente come quello di Lawrence Breavman,
il protagonista di Il gioco preferito in cui non è difficile, anzi, riconoscere
lo stesso Leonard Cohen. E' ovvio che il riferimento comune più esplicito è la
morte del padre che conferisce ad entrambi un'aura particolare, ma è soprattutto
il rincorrere la vita (attraverso la poesia, l'alcool, l'amore, il sesso) inseguendo
un'innocenza che, testimone il tempo, sta inesorabilmente sfumando. C'è un verso
di una delle più belle canzoni di Leonard Cohen, Hallelujah (e basta ricordare
le versioni di John Cale o di Jeff Buckley) che rende benissimo il senso e l'atmosfera
di tutto Il gioco preferito: "Ho fatto del mio meglio; non era molto./Non sapevo
percepire e così ho imparato a toccare". Ecco: Il gioco preferito accarezza
veramente quel momento crepuscolare in cui sogni e realtà tendono a sfumarsi gli
uni negli altri e ha tutte le ragioni Michael Ondaatje quando lo definisce un
lungo poema in forma di prosa. Del resto, lo dice lo stesso, tormentato Lawrence
Breavman alias Leonard Cohen: "La poesia è una cosa sporca, cruenta, rovente
che all'inizio deve essere afferrata a mani nude" e quindi toccante è la definizione
più logica per questo romanzo di quarant'anni fa | |
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Ruggero
Marinello
Un gioco da ragazzi Selene
edizioni pp.1730 |
Il gioco da ragazzi a cui il nostro Ruggero Marinello ci
introduce lascia i segni di una vita intera sulla pelle e non è semplice affrontarlo
tra le righe di un libro, riaprendo vecchie ferite e ricordi che certamente lacerano
l'anima. Semplice, lineare, Un gioco da ragazzi apre una scomoda finestra su una
generazione che in troppi si sono dimenticati: al centro della scena c'è una cittadina
alle porte di Milano, Melegnano, ma la storia che ci viene raccontata potrebbe
benissimo collocarsi in qualsiasi altro luogo, quello che resta sono dei ragazzi
di provincia che nellla grande confusione del momento si sono infilati in una
strada senza uscita, si sono visti scivolare la vita accanto con ingenuità
e leggerezza, come sottolinea lo stesso autore. È la fine degli anni settanta,
alle spalle ci sono rivolte ed utopie, il presente è fatto di isolamento, rabbia
e tanto rock'n'roll. Il punk ha fatto tabula rasa, c'è bisogno di una scossa e
l'amata Patti Smith (di cui Ruggero Marinello riprende diverse citazioni
in apertura di ogni capitolo) accompagna la vita di un ragazzo come tanti, che
vedrà cadere ad uno ad uno i compagni, arrivando alla tragica conclusione che
quasi un'intera generazione sarà cancellata dall'avvento dell'eroina. Perché è
di lei che stiamo parlando, anche se Un gioco da ragazzi non lo fa secondo schemi
abusati e retorici. È un piccolo libro (nelle dimensioni, non certo nei contenuti,
sia chiaro) che mischia fatti, ricostruzione storica e aneddoti, a volte con ironia,
a volte con un briciolo di poesia, sempre e comunque con una semplicità disarmante.
Per non dimenticare che anche una piccola città ha conosciuto la sua Lost Generation
(Fabio Cerbone) Per
info: asslevante@iol.it oppure Selene Edizioni - selene@micronet.it 02
26681738 | | |
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Bertha
Thompson
Box-car Bertha Giunti pp.1730
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E' difficile capire quale sarà il capolinea di un treno merci: forse chi ci salta
sopra, rischiando ogni volta la vita, non pensa mai a dove o come andrà a finire.
Prende un treno qualsiasi, forse perché ha perso tutti gli altri o perché, come
nel caso di Bertha Thompson, meglio nota come Box-Car Bertha,
semplicemente gli serve per "imparare tutto sulla vita e in particolare tutto
sui bassifondi". La sua autobiografia di nomade radicale e ribelle, datata
1937, racconta "con assoluta veridicità tutta l'America, un'America lacerata e
in rotta": scioperi e arresti, hobo e bordelli, puttane e rivoluzionari, ladri
e biscazzieri, hobo e semplici disperati costituiscono il paesaggio umano descritto
da Bertha Thompson. Sono passati solo pochi anni dal 1929 e il clamoroso crollo
dell'economia americana ha disintegrato per sempre sogni e illusioni: le ultime
occasioni per sopravvivere sono sulla strada, lungo l'asse ferroviario (quasi
fosse l'ultimo appiglio all'idea di nazione), nei quartieri malfamati e dietro
l'angolo di ogni giorno ce n'è un altro più povero, più triste, più umiliante.
Affiorano anche oasi di resistenza, dove il senso della comunità riappare nella
solidarietà delle sisters of the road, le sorelle della strada, per cui non è
solo importante viaggiare gratis ("una questione di principio"), ma anche organizzarsi
ed eguagliare l'altro sesso nella pratica del tagliare i ponti e fuggire, spesso
e volentieri saltando sul primo treno merci di passaggio | |