L'intervista
(a cura di Alberto Facchinetti)

Perchè hai scelto di dedicare una biografia a Jim Carroll? Perchè
trovo assurdo che uno dei poeti, musicisti e scrittori più influenti degli ultimi
40 anni sia praticamente sconosciuto in Italia e finito nel dimenticatoio pure
in America. La cosa è paradossale e figlia dei nostri tempi plastificati, tempi
dove un artista ricco di talento e sfumature che richiede un minimo di sforzo
mentale per essere compreso e apprezzato viene messo da parte.
Puoi descrivere il metodo di lavoro che hai utilizzato per la stesura di questo
libro? Mi sono riletto tutto il materiale di
Jim. Ho ascoltato i suoi dischi e ricostruito la sua storia traducendo tutte le
sue interviste, apparizioni pubbliche, eccetera. Poi ho contattato le persone
che hanno collaborato con lui, i suoi amici, chi l'aveva conosciuto. Tutto questo
è stato frullato con il mio punto di vista e le emozioni che i suoi libri e la
sua musica mi hanno suscitato. Ogni tanto poi, in fase di scrittura, chiudevo
gli occhi e immaginavo Jim. Lasciavo che la sua immagine mi entrasse dentro e
si facesse strada. Ed ecco il libro.
Hai intervistato i membri della Jim Carroll Band e altri musicisti di quella scena
musicale. Che tipo di persone hai conosciuto? Ciascuno
di loro ha una sua storia, un percorso differente che l'ha portato a scegliersi
un certo tipo di vita. C'è una cosa che accomuna però tutti i musicisti di quella
scena punk-no wave fine settanta - primi anni ottanta: un grande rispetto per
l'arte e il tentativo, con la propria musica, di far confluire insieme disagio,
testimonianza dei tempi e poesia. Era gente che si divertiva ma che non scherzava
con quello che stava facendo. Un aspetto che oggi è molto trascurato, purtroppo.
Ci sarebbe qualche altro personaggio
newyorchese di oggi o del passato per cui ti avventureresti in un nuovo "viaggio"
come quello di "Jim Carroll. Punk, ribelle, poeta"? No.
Jim è l'artista che mi ha fatto venire voglia di diventare uno scrittore e, seppur
involontariamente, mi ha segnato la vita. Non ce ne sono altri come lui. La sua
bellezza è la sua inaferrabilità. Musicista, poeta, diarista, tossico, ragazzo
di strada, asceta, sognatore: Jim era un caleidoscopio di personalità incredibili.
Non esiste per me un'influenza importante quanto la sua. Quando ho scritto il
mio primo e per ora unico romanzo, "Il Contorno del Camaleonte", cercavo di spiegare
proprio quello che Jim mi aveva trasmesso: cambiare mille volte pelle, dissetarsi
d'esperienza senza snaturare quello che siamo.
Jim Carroll ha lasciato qualche erede nella scene musicale newyorchese?
No. E non perché non ci siano artisti validi ma perché sono
cambiati i tempi. Non ci sono più i presupposti storici e culturali per un altro
Jim Carroll. Almeno oggi. Domani chissà...
C'è qualche suo coetaneo, qualche altro "beautiful loser" ancora in attività,
che per certi versi te lo ricorda? "Non mi pare. Vedi:
Lou Reed, grande amico di Jim, può ricordarlo in alcuni passaggi ma i due sono
profondamente diversi, soprattutto nel modo di scrivere testi. Stesso discorso
per Patti Smith o Richard Hell. Paradossalmente erano più simili a Jim artisti
grunge tipo Cobain e soprattutto Layne Staley degli Alice In Chains, ma sappiamo
tutti come sono finiti, sfortunatamente.
Mentre "studiavi" per il tuo libro, che idea ti sei fatto della New York di Carroll
(Sessanta, Settanta, Ottanta)? Un grande catalizzatore di energia.
Un vortice emozionale affascinante e pericoloso che poteva strozzarti ma era,
contemporaneamente, in grado di tirar fuori quello che di bello e artistico c'era
in te. Cosa rappresenta Jim Carroll
per la sua città? Jim credo sia stato l'artista più smaccatamente
newyorkese che la città abbia mai partorito. Per farti un esempio: Jim Carroll
sta a New York come Fabrizio De Andrè a Genova. Due enormi poeti, inscindibili
dalle proprie città d'origine. Città di cui sono impregnati fino al midollo.
La data in cui se ne è andato, Van Morrison sullo stereo,
la scrivania piena di fogli. Quanto c'è di simbolico nella sua morte?
Questo è un aspetto pazzesco. Ne parlavo proprio con Lenny Kaye. Uno sceneggiatore
con le palle non avrebbe potuto scrivere un finale più ricco di significati per
Jim, che tra l'altro muore come il personaggio di "Petting Zoo", il suo unico
romanzo che uscirà per Penguin il prossimo novembre.
"The Basketball diaries" sono usciti nel '78, però risalgono ai primi Sessanta.
Possibile che a 12 anni Carroll scrivesse già così bene? Rimbaud
scrisse la maggior parte della sua produzione poetica prima dei 19 anni, quindi
perché stupirsi? La benedizione del talento esula dal tempo trascorso su questa
terra. Arriva e se ne va seguendo regole che non sono le nostre. E grazie a Dio
che funziona così... |