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soul funk blues di
Matteo Fratti (26/08/2017)
Il reverendo è un personaggio strano, un folletto predicatore che non è sfuggito
neppure all'attenzione dei fratelli Dickinson, Luther e Cody, in arte il fulcro
dei North Mississippi Allstars. Loro, quanto ad attivarsi per un'integrazione
non soltanto musicale, non c'è che dire, sono sempre pronti e un po' ci sono nati,
in quel del Mississippi che i conti con ciò, li fa da sempre. L'omino in questione
invece, dalla comunità pentecostale di Zent, in Arkansas, coglie l'abbraccio In
Tempi Come Questi, per tradurre quel titolo appioppato al disco e affatto
casuale, ma efficacemente diretto a quel che è l'America oggi, le cui problematiche
razziali hanno covato sotto le ceneri dell'amministrazione Obama e sono indirettamente
esplose nelle pieghe che ha preso, ahimè, la tristemente nota situazione attuale.
Nelle proteste di Ferguson, Missouri, tra le tensioni sorte a fronte dell'abuso
di potere della polizia, ci era finito anche lui, Osagyefo Uhuru Sekou, che a
quanto si capisce dalle informazioni reperibili, quando c'è da prendere parola
per difendere la sua gente non si tira indietro, già portavoce di una tradizione
che ha nei suoi grandi precedenti storici la forza di muovere le coscienze. Sappiamo
bene quanta forza abbia la musica in ciò, e l'attivismo anche musicale del reverendo
vuol farsi medium illuminante, come nella più classica delle citazioni filmiche
che pesca nei Blues Brothers lo stereotipo di quanto significhi l'elevazione spirituale
del canto religioso al catechismo del "reverendo" James (Brown) in una domenica
di rivelazione: chi mai avesse assistito a una celebrazione religiosa di tale
confessione in USA sa quanto la realtà stessa sia talora, davvero evocativa di
quello spirito.
E allora godiamoci il sermone, i cui messaggi veicolati
da questo sound che infila nel soul le acerbe sonorità grezze del blues delle
colline mississippiane non pesano affatto, quand'anche la consistenza di quel
che vogliono dire è un macigno che rotola a spostare le coscienze di tempi non
facili, appunto, come questi. Con lui ci sono il reverendo Charles Hodges all'hammond,
i fiati di Art Edmaiston e Marc Franklin (sax e tromba), i cori di Raina Sokolov
e Al Ghent alla pedal - steel, oltre ai già citati Dickinson bros nella loro orchestrale
presenza di chitarre e batteria. Così In Times Like These è un lavoro
che evoca blues fin dalla copertina, Sekou chitarra in mano e binari alle
spalle sul davanti, e come un vagabondo a camminare sulle rotaie dall'altra; il
suono è potente e scuote fin dalla traccia d'apertura, quella Resist
che è pure un inno che piacerebbe sentire dalla voce di Mavis Staples o Betty
LaVette. Il groove è quello, e pure la title-track fa sobbalzare sulla sedia all'incedere
di funk tribale e persino psichedelico! Forzati in catene sull'errebì We Who
Believe, cani che abbaiano in sottofondo al "bluesone" Lord, I'm Running,
un temporale in lontananza su Muddy and Rough
coi bassi dell'hammond che ruggiscono in sottofondo a un talkin'...
Insomma,
ce n'è per capire che persino il repertorio "noises" è blues in un disco black
fino al midollo, che trasforma in canto della metropoli il grido delle campagne
(c'è persino il gallo in Old Time Religion), smorzando la rabbia sul melodico
terzetto finale Loving You Is Killing Me/ Will To Win/ Problems, diventando
la smisurata preghiera che mancava a più recenti produzioni afroamericane, nel
feeling più vero dei piccoli capolavori.