Alvin Youngblood Hart - Motivational Speaker Tone Cool 2005
inserito il 26/09/2005

In principio era il blues acustico; e chissà perché, in parecchie delle occasioni in cui si parla di Alvin "Youngblood" Hart, vengono in mente quei suoni che hanno costituito l'anima del blues prebellico. In una vecchia intervista al sottoscritto (era appena uscito l'ottimo Start With The Soul, anno 2000), Alvin chiariva che "i miei genitori erano originari del Mississippi, anche i più lontani antenati lo erano; quel tipo di blues è in assoluto la prima musica che io abbia mai ascoltato"; niente di strano dunque se, grazie all'ascolto di gente come Charlie Patton, Leadbelly, Robert Johnson, Bukka White, Rev. Gary Davis, l'esordio dell'uomo di Oakland, Big Mama's Door (1996) sia risultato come "un piccolo miracolo del blues acustico". Ma, leggendo tra le righe e tra le pieghe sfumate di una carriera allora agli esordi, niente lasciava supporre che sarebbe stato sempre così; già nel successivo Territory (1998) c'erano delle prese di distanza; nel menzionato Start With The Soul, colpiva la cover di un vecchio soul di Cornelius Brothers e Sister Rose, Treat Her Like A Lady. Sempre in quell'intervista, Alvin diceva di "essere ovviamente cresciuto con il soul, il rock, gli Stones, Hendrix (si sente!) e di non essere rimasto indifferente". Guardando in controluce la sua storia artistica, è chiaro, non si sa quanto consapevolmente, il progetto musicale; forse non c'è stato neanche un progetto, ma partendo dalle più classiche e ortodosse dodici battute, egli è riuscito a coniare un cifrario personale, mescolando tutte le sue passioni, dichiarando la non appartenenza a qualsivoglia etichettatura. Motivational Speaker è un ottimo lavoro, un punto di forza; è elettrico, pulsante, sporco, fumoso; la voce è a tratti malsana, la chitarra non ha nessuna remora nel mostrare gli angoli più hendrixiani (ascoltare praticamente "tutto", in particolar modo Stomp Dance) o i riff più assolati, vedi la splendida My World Is Round, che Keith Richard ha sognato con un giorno di ritardo. Sa di blues, soul, di rock duro, mescola sapientemente presente e atmosfere da fine sessanta. Dietro tutto, l'avvio è fulminante, Big Mama's Door, dura e cattiva, profuma di Delta lontano un miglio. Hart e compagnia (un bel circolo nutrito di musicisti, tra cui Audley Freed, già sul Live At The Greek della ditta Jimmy Page & Black Crowes), variano continuamente registro, passando da una scanzonata versione di Lawd I'm Just A Country Boy In This Great Big Freaky City (Doug Sham) a un rispettosissimo omaggio all' Otis Redding di Nobody's Fault But Mine, con tanto di sezione fiati e riff chitarristico sulla punta della forchetta; fino alla personale visione, forte e magnetica di In My Time Of Dying, che trent'anni fa brillava su Phisical Graffiti degli Zeppelin. In mezzo le trame incatramate di Necessary Roughness, The Worm (già nella mani dei Free), il blues rovente di How Long Before Can I Change My Clothes. Il tutto per una ventata di freschezza; Alvin "Youngblood" Hart, confeziona probabilmente il suo lavoro migliore.
(Roberto Giuli)

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