Corey
Harris è uno dei più maturi esponenti del panorama blues odierno;
ha fatto della ricerca sonora (e non sonora) il proprio punto di forza,
cercando di trovare un comune denominatore per tutte le forze che muovono
la musica afro americana. Di lui si è parlato più volte. Trentaseienne
originario di Denver; una laurea in antropologia e un'esperienza come
insegnante che lo ha aiutato enormemente ad inquadrare con maggior lucidità
la vicenda del popolo nero; un bagaglio musicale che vede un esordio a
metà del decennio precedente, una passione che significa anche studio
attento di tutti quei principi stilistici, da Charlie Patton a Robert
Johnson a Big Bill Broonzy. D'altro canto, il suo talento ha saputo rendere
credibili i cambiamenti di direzione più volte intrapresi all'interno
dei suoi lavori, da Greens From The Garden, al suo sodalizio con il pianista
Henry Butler; cambiamenti di rotta, ma mai al di fuori degli intenti originari.
Daily Bread è l'ultima fatica di questo artista che avevamo
per un attimo lasciato in viaggio, tra Africa e Stati Uniti. Già le tracce
iniziali del dischetto presentano un Harris diverso e ancora cresciuto
rispetto al periodo precedente. La dolcissima title-track, (bellissimo
il lavoro di violino da parte di Morwenna Lasko) si presenta come
un affascinante melange stilistico, mostrando perfino nell'inciso le sue
tracce di soul, così come il reggeae di I See Your Face e di Lamb's
Bread. L'album cattura man mano che si procede all'ascolto, lo spessore
qualitativo delle canzoni riesce a non scalfire l'immediatezza, attraverso
i continui cambi di registro, dal r&b di A Nickel And A Nail ai
delicati incastri della bellissima ballata The Sweetest Fruit,
fino alla sintesi ideale di tutto, rappresentata da Mami Wata,
ospite d'onore la tromba di Olu Dara, il quale accompagna alla
chitarra Corey nella splendida The Preach, eccellente talkin' blues.
E poi ancora Just In Time, Khaira, Big String, More
Precious Than Gold, The Bush Is Burning, i testi delle quali
(come per tutto il resto), meritano la massima attenzione. Un album coinvolgente,
forse a tutt'oggi il più bell'episodio di un artista davvero in continua
evoluzione.
(Roberto Giuli)
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