Durand Jones & The Indications
American Love Call
[Dead Oceans 2019]

durandjonesandtheindications.com

File Under: new soul

di Silvio Vinci (22/08/2019)

Sound fedelmente ancorato agli schemi americani del soul dei Settanta, arrangiamenti orchestrali inclusi, che ritorna alla ribalta in questa epoca di revival del rock targato 60 e 70. E’ come se non vi fosse la necessità di evolvere o ricercare qualcosa di nuovo, sentieri mai battuti, sonorità inesplorate, ma solo appartenere ad un genere, aldilà del tempo e dello spazio, nel quale identificarsi in maniera radicale. Questa è la mission di Durand Jones & The Indications, quella di vivere appieno e immergersi totalmente nel viaggio che fu di Curtis Mayfield, Marvin Gaye, Bobby Womack e Isaac Hayes. Durand Jones (egregio cantante, di colore, of course) ebbe già modo di fare la sua proposta con l’omonimo disco del 2018, sempre sotto l’egida della Dead Oceans, etichetta specializzata in chicche del genere modern soul.

Sempre in compagnia della band The Indications - nella quale militano Aaron Frazer (batteria, voce), Blake Rhein (chitarra), Kyle Houpt (basso) e Steve Okonski (tastiere)- Durand esegue come un discepolo, fedele alla linea del maestro, lo stesso canovaccio soul e rhythm and blues che anche in questo secondo disco viene riproposto senza modificare di un singolo ingrediente la ricetta, classica, che più ortodossa di così non potrei descrivere. Il primo disco fu registrato dal vivo e certamente è proprio il palco la dimensione ottimale per vivere appieno lo spirito e la partecipazione emotiva del nostro Durand, abituato ai cori da chiesa, quando era fanciullo, ma che in studio -a mio avviso- paga un pochino in termini di grinta ed esplosività. Il lavoro comincia con un brano, bello davvero, sia per lo script che per l’arrangiamento, Morning In America, che non sfigurerebbe anche come perfetta colonna sonora per un film di Q.Tarantino (per esempio Jackie Brown, che fu caratterizzato proprio dalla musica soul, stile philly sound) oppure in un genere tipico come la cosiddetta "blaxpoitation". Circles e Long Way Home sono i brani migliori, i più facili da apprezzare, relativamente alla prima parte del disco, dove troviamo -per la verità- anche delle ballad soul un pochino ripetitive, al limite della noia, vedi Court Of Love, Too Many Tears, o la melensa What I Know about You, che raggiunge la sufficienza per un egregio impiego di organo Hammond di fondo, così come danno senso al lavoro, le strutturate e ben suonate Sea Gets Hotter e True Love, episodi di genere, ma vagamente incipriati di rock, blues e gospel.

In definitiva, un disco che mi ha convinto perché sono un fanatico del vintage: American Love Call, certamente rappresenta un'opzione di alta classe, all’interno del redivivo genere soul, grazie alla purezza e alla passione dei protagonisti interpreti (anche in fase di registrazione, grafica e produzione), una luce decisamente brillante nel marasma generale di pop music insulsa che gira nelle radio. Chiaro che i classici, noti a tutti, sono ben lontani dall’essere raggiunti: ci si avvicina, anche se non siamo all’altezza delle sempre verdi Betty Lavette o Mavis Staples, ma ci si può accontentare.


    


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