Come illustra un breve commento
all’ultimo album di Andrew Duncanson, “ormai le voci soul sono
diventate talmente rare da considerarsi sparite”; a volte però ritornano,
non fosse che per un disco come California Trap. L’artefice,
Duncanson appunto, è un vocabolario del genere; poche invenzioni, tanta
preziosa interpretazione, soprattutto una voce calda, coinvolgente e una
capacità compositiva sorprendente. Originario di Champaign, Illinois,
già chitarra e voce della Kilborn Alley Blues Band e dei Dig3 (insieme
a Ronnie Shellist e Gerry Hundt), incontra, in occasione di una Rhythm
& Blues Cruise (2019), Michael Peloquin, eccellente sassofonista,
armonicista di talento e arrangiatore: la sintonia è immediata. Andrew
propone di registrare alcune canzoni scritte di proprio pugno ai Greaseland
studio di Kid Andersen, produttore (Tommy Castro, Rick Estrin etc.) e
polistrumentista.
Le cose vanno al loro posto, California Trap è un disco dalle sonorità
molto curate oltre che vario; l’organico è completo, lo stesso Andersen
(chitarra e basso), Jerry Jermott (basso), Derrick Martin (batteria) tra
gli altri, oltre a una sezione fiati di ottimo livello, vero punto di
forza tanto del disco quanto del soul di buona marca (“Greaseland All
Stars”). Ne beneficiano gli arrangiamenti e lo dimostrano cose come Relearning
To Climb, bel soul blues dal sapore a metà tra Motown e Memphis,
Naw Naw Naw, pure molto Motown (soprattutto nei cori e negli assoli)
o Hold Me Back, dalle intense venature
rock, sezione fiati e bell’armonica in primo piano (e Peloquin si merita
il “featuring”). La titlte-track è un blues lento che ricorda i fraseggi
di BB King ai bei tempi della Modern, laddove Town Saint, risalente
al 2017 (i Tolono Tapes della Kilborn Alley Blues Band), rappresenta
il soul dal lato più funky.
Allo stesso modo brani come Outer Space, che ricorda un po’ le
cose di Bobby Parker o What Kind Of Man, si muovono nella stessa
terra dei precedenti. Indi, si distinguono tracce quali Next
Life, soul blues in minore guidato dall’Hammond (Jim
Pugh), More Lown Than Highs, buon rock’n’roll con accenti country
e Better Off Now, rivisitazione di un pezzo della Kilborn (2010).
Su tutto, la rilettura in chiave soul (e come potrebbe essere altrimenti?)
di This Land Is Your Land, il blues
catramoso in stile Chicago, Feelin’ Better Now (ricorda Big Bill
Broonzy) e la ballata It’s A Pleasure (bella la voce e il lavoro
di armonica cromatica), in realtà una “rendition” di una canzone di Mighty
Mike Schermer (2015). Molto utile il packaging con note complete e testi.
Disco davvero notevole.