inserito 24/11/2010

Steve Wynn & The Miracle 3
Northern Aggression
[Blue Rose
 2010
]



"Considera la fonte", ci dice Steve Wynn in uno dei pezzi più strampalati di questo nuovo album, e noi, da appassionati di vecchia data, obbediamo. Considerando la fonte, bisogna armarsi di accetta e dire subito che Northern Aggression è una mezza presa per i fondelli. Ma al tempo stesso, sempre considerando la fonte, sulla sua onestà d'intenti possiamo pure mettere la mano sul fuoco: non c'è nemmeno bisogno di prendere in considerazione l'idea che Wynn non abbia deciso di consegnare alle stampe quanto di meglio, e di più sentito, egli stesso si ritenesse in grado, al momento, di pubblicare. Il problema, allora, riguarda quello che Wynn è stato capace di regalarci negli ultimi anni, ovvero troppi live, troppe collaborazioni estemporanee e troppi album dove la sua ricerca sonora diventava appassionante quanto una partita di hockey tra tetraplegici. Da un lato, Northern Aggression è puro Wynn al 100%: nelle chitarre abrasive e distorte, nei consueti omaggi ai Television, nell'atmosfera cupa, notturna e psichedelica. Dall'altro, lo si può anche inquadrare come un gemello di My Midnight (1999), l'album meno "wynniano" nella carriera di Steve Wynn: un tentativo, cioè, di spiazzare le attese celando sotto la coltre di feedback delle canzoni un animo sfacciatamente pop, confondendo le acque con cascate di assoli e svisate di sei corde, buttando nella mischia qualche inedito arrangiamento tra Tom Waits e soul d'annata (Consider The Source, The Death Of Donny B) in apparenza coraggioso ma in realtà, a conti fatti, ben lontano dall'aggiungere alcunché a una carriera che l'appellativo di "leggendaria" lo merita tutto.

Northern Aggression, con le sue stravaganze e la sua ruvidezza, vorrebbe essere un disco di "rottura", perlomeno rispetto al passato recente, europeo e - scusate la franchezza - mostruosamente tedioso di Crossing Dragon Bridge e relative propaggini on stage. Eppure non ha la fantasia di Here Come The Miracles ('01), né le sublimi trivialità stonesiane di Static Transmission o la cattiveria tra Velvet Underground e Crazy Horse di ...tick ...tick ...tick. Certo, On The Mend suona ancora devastante come ai tempi eroici dei primi Dream Syndicate (magari corretti con la violenza bruta degli Who), Resolution cattura grazie alle accelerazioni di un beat metallico e incalzante, No One Ever Drowns ha quel sapore di wave malinconica e serrata che stringe il cuore. E d'altra parte, sospetto che il rockettino di The Other Side sia una di quelle cose che Wynn è in grado di scrivere, con la mano sinistra, durante la rasatura mattutina, mentre le diminuite folk-pop di St. Millwood, tanto per dire, gli riuscivano senz'altro meglio ai tempi dell'ingiustamente bistrattato. Sweetness And Light ('97).

Il compianto Edmondo Berselli, riprendendo un paradigma di Alberto Arbasino, scriveva che in Italia "c'è un momento stregato in cui si passa dalla categoria di bella promessa a quella di solito stronzo. Soltanto a pochi fortunati l'età concede poi di accedere alla dignità di venerato maestro". Diciamo che a Stevie Wynn mi lega troppo affetto per pensare di rivolgerli l'ingiurioso epiteto che segue il regime delle belle promesse. Di certo, visto che dopo aver scritto una cosa come 300 e passa brani un inaridimento della vena lo si tollera in tutti, continuerei a reputarlo un maestro persino se smettesse di incidere dischi.
(Gianfranco Callieri)

www.stevewynn.net
www.bluerose-records.com



<Credits>