Marty
Stuart Ghost Train - The Studio B Session
[Sugar
Hill 2010]
L'ultimo decennio artistico di Marty Stuart è stato a dir poco benedetto
dalla musa ispiratrice: partendo dall'assai sottovalutato The Pilgrim, opera ambiziosa
che sanciva l'interesse del musicista verso la conservazione e lo studio di certo
patrimonio country, il suo percorso non ha fatto altro che snodarsi attraverso
una serie di rivisitazioni, racconti e fotografie della tradizione, forte della
sua competenza non solo tecnica ma diremmo quasi storica, da vero archivista del
genere. Non sorprende dunque coglierlo in Ghost Train (The Studio B Session)
- dal nome dei leggendari studi della RCA di Nashville in cui lo stesso Marty
debuttò ragazzino al fianco del maestro bluegrass Lester Flatt - nell'ennesima
riappropriazione di un immaginario in estinzione, aggrappato alla "golden age"
della country music senza per questo suonare anacronistico, semmai tuttora brillante
nel mediare fra passato e presente. E tutto ciò - lo ha capito bene il buon Marty
Stuart - poiché la materia qui trattata "it's beyond trends and it's timeless":
niente passerelle alla moda insomma e poche concessioni alle regole attuali, fuori
gioco aggiungiamo noi, consapevole di abitare un mondo classico che ha bisogno
soltanto di grandi canzoni e molta esperienza.
Non fanno difetto entrambe
a Ghost Train (The Studio B Session), che non sarà forse un disco "avventuroso"
quanto l'ottimo Soul's
Chapel (la digressione sudista nel soul
e nel gospel di qualche anno fa) o il più impegnato Badlands,
eppure recupera un'energia rinnovata verso il country dalle tinte rockabilly degli
esordi (in album quali Hillbilly Rock e Tempted), a dir poco spumeggiante nella
sarabanda di chitarre in Country Boy Rock & Roll
(a firma Don Reno), sostenuto dalla spalla ideale di Kenny Vaughan dei
Superlatives, il piccolo combo che da qualche anno accompagna Stuart lungo i saliscendi
della tradizione. Lo scintillio honky tonk di Bridge
Washed Out e Little Heartbreaker
(degna di un Buck Owens all'apice della forma), lo sfoggio strumentale di Hummingbird
e Crazy Arms (ospite la pedal steel del leggendario
Ralph Mooney...chiedere nel caso ragguagli a Merle Haggard e Waylon jennings),
l'aria swamp che trafigge una ficcante Ghost Train Four-Oh-Ten
sono testimonianze di tale rinnovata gioventù artistica, qui scortata per mano
da alcune importanti collaborazioni.
La prima e più evidente in Hangman,
storia "nera" di un giustiziere scritta a quattro mani con Johnny Cash, pochi
giorni prima della scomparsa di quest'ultimo: ballata dal passo lento e raccolta
in atmosfere accorate, che fa il paio con episodi quali Hard
Working Man, Drifting Apart e I
Run To You, in parte concepite e interpretate con la moglie e cantante
Connie Smith. L'ultima delle tre soprattutto possiede il sapore dei duetti di
una volta, coppie d'oro quali George Jones-Tammy Wynette o Porter Wagoner-Dolly
parton, a cui inevitabilmente Stuart resta aggrappato (l'omaggio all'amico Wagoner,
di cui produsse il canto del cigno Wagonmaster, si palesa nel profondo recitato
di Porter Wagoner's Grave) come se rappresentassero
l'ultimo (e unico) faro della sua esistenza di musicista. (Fabio Cerbone)