Era difficile immaginare uno sforzo compositivo e interpretativo delle dimensioni
e della portata di Leave Your Sleep. Nathalie Merchant ci
aveva abituati, sì, a uno standard piuttosto elevato, compreso il capolavoro di
Motherland,
uno dei dischi imprescindibili del primo decennio di questo secolo, ma scoprire
la quantità e la qualità di Leave Your Sleep è un'esperienza unica. Attraverso
le ventisei canzoni (sedici nella versione ridotta), che diventano gli strumenti
per una mappatura della musica worldwide, Nathalie Merchant costruisce il suo
lavoro più coraggioso e ambizioso, dove la voglia di sperimentare nuovi modi di
affrontare i suoni e le parole diventa una realtà generosa e affascinante. L'eccentricità
e la poliedricità di Leave Your Sleep partono proprio dall'enorme varietà di suggestioni
musicali che Nathalie Merchant ha sviluppato nelle più disparate collaborazioni
con dozzine di artisti da ogni angolo del mondo. Basta pensare che il conto finale
(tenuto da lei stessa) è di centotrenta musicisti coinvolti, per farsi un'idea
della volontà di non lasciar nulla all'immaginazione. Wynton Marsalis,
Medeski, Martin & Wood, Klezmatics, Lúnasa, Memphis Boys sono soltanto
alcuni dei nomi coinvolti nell'elaborazione di Leave Your Sleep. A differenza
dei tanti (troppi) dischi di duetti o che sbandierano collaborazioni prestigiose
per colmare lacune altrettanto eccezionali, Nathalie Merchant ha dedicato i sette
anni che separano Leave Your Sleep da The House's Carpenter Daughter per raffinare
l'antica arte dell'incontro, aggiornandola a quel misterioso e claustrofobico
antro che è lo studio di registrazione.
Le infinite sessions sono state
registrate (dal produttore Andres Levin, uno abituato a tutto) dal vivo
nel giro dell'ultimo anno e ha ben ragione Nathalie Merchant a definire "magici"
gran parte di quegli appuntamenti. Il tema di fondo è quello della canzone d'autore
interpretato nel miglior modo possibile: senza limiti dal punto di vista musicale
(sia che vada verso le sonorità rarefatte di The Man
In The Wilderness, incantevole, sia che esplori il 101% dell'american
roots music, con una spiccata propensione per gli eccessi, sia verso le brume
irlandesi che le spiagge caraibiche) e sperimentando un nuovo modello di songwriting.
Invece che rimanere seduta al piano in attesa dell'improvvisa illuminazione (non
funziona così) Nathalie Merchant si è buttata a testa bassa nella lettura, partendo
da poesie e scritti di alcuni grandi autori a cavallo di tre secoli per arrivare
a coltivare inedite forme di ritornelli attorno a versi d'uso orale e popolare.
La simbiosi tra lettura, rilettura e scrittura si è fatta intensa e avvolgente,
le canzoni si sono evolute da frammenti letterari e con una naturale scioltezza
e una propria eleganza si sono trasformate a loro volta nel fluido racconto di
Leave Your Sleep.
In realtà è poi la voce di Nathalie Merchant a rendere
tutto "facile": riconoscibile a occhi chiusi, capace di adattarsi alle condizioni
più variopinte, piena di sfumature eppur sempre aderente a una chiarissima identità,
la sua interpretazione è la guida e nello stesso tempo il punto fermo a cui ruotano
i mille mondi di Leave Your Sleep. Cercare di descriverli tutti è improprio (e
anche impossibile con il limitatissimo strumento della scrittura) perché sarebbe
come vivisezionare il concetto stesso di bellezza. Per paradosso, l'esempio utile
da citare è Griselda l'unica canzone (peraltro
magnifica) che eccede dalla multiforme natura di Leave Your Sleep solo perché
rientra nella "normalità" di Nathalie Merchant. E' un ballata (con tanto di sassofono
finale) degna tanto di Tigerlily quanto di Motherland e la sua presenza spicca
tra le musiche d'ogni luogo e tempo, tra ritmi in levare e fumosi clarinetti,
archi dell'opera e violini dai boschi, dimostra che ormai anche Nathalie Merchant
è, a suo modo, un classico. Tra i dischi dell'anno, senza esitazioni. (Marco
Denti)