Ray
Wylie Hubbard
A. Enlightenment B. Endarkenment (Hint:
There is No C)
[Bordello
2010]
Titolo e copertina sono di quelle che preannunciano qualcosa di speciale,
ed effettivamente il ritorno di Ray Wylie Hubbard non delude le attese.
Quattro anni di silenzio gli hanno fatto bene evidentemente, dopo che nel 2006
ci aveva lasciato un po' con l'amaro in bocca, quando Snake
Farm aveva chiuso in tono minore una serie di dischi belli e importanti.
A. Enlightenment B. Endarkenment (Hint: There is No C) è un titolo
memorabile, ed evidenzia la sua anima fatta di luci e ombre, quanto la necessità,
giunto a 64 anni suonati, di trovare una terza via, quella che l'immagine da cavaliere
dell'apocalisse con tanto di testa mozzata, come la laconica constatazione messa
in parentesi, sembrano tragicamente escludere. Ed è proprio la sensazione di un
percorso che comincia a intravedere la propria conclusione a permeare queste dodici
canzoni, dove non a caso il ricorso continuo a strutture che hanno più del blues
e del gospel che del country (con Whoop And Hollar
si viaggia proprio in terreno spiritual) evidenzia quel bisogno di religiosità
e speranza in un aldilà che caratterizza l'umana paura della morte.
Per esprimere tutto questo Hubbard ha scelto una strada stilistica non nuova e,
se vogliamo, poco personale: il dark-sound di Down Home
Country Blues potrebbe tranquillamente essere riconducibile al Dylan
dell'ultimo decennio, quello intriso di musica del Mississippi quanto della consapevolezza
del proprio invecchiamento, così come dalle acque del Delta sono già stati pescati
miriadi di lenti blues da funerale come Wasp's Nest
o Every Day Is The Day Of The Dead. E se proprio
vogliamo essere ancor più severi, si può evidenziare come la canzone più compiuta
e memorabile per scrittura sia Drunken Poet's Dream,
brano scritto a due mani con Hayes Carll e già noto nella versione di quest'ultimo.
Per il resto Hubbard sfrutta la propria naturale raucedine per vestirsi di nero
e giocare fare il bluesman da strada, con anche qualche gigionamento di troppo
come Pots and Pans (avvertenza: non ascoltate
questa canzone a volume troppo alto, gli ansimi femminili del finale convincerebbero
i vostri vicini che stiate visionando un film non proprio adatto ai bambini),
ma con innegabile perizia quando fa le cose sul serio (la toccante Tornado
Ripe o la strascicata Black Wings).
Quello che impressiona positivamente è l'ottimo suono, pieno e ben studiato
nei minimi particolari, confezionato da lui stesso con l'aiuto di George Reiff
e non con il suo storico produttore Gurf Morlix, qui significativamente relegato
a semplice session man. Merito anche dell'aiuto di molti validi musicisti come
Kevin Russell dei Gourds e David Abeyta dei Reckless Kelly, o strumentisti
intrisi di blues come Bukka Allen, Billy Cassis, Seth James e il gruppo vocale
delle Trishas. Su tutti poi svetta l'elettrica di Ray Bonneville, quella
che con numeri degni del miglior David Grissom rende Loose
un brano davvero speciale. Pare che il progetto preveda anche un film diretto
dallo stesso Hubbard che vedrà nel cast nientemeno che Kris Kristofferson e Dwight
Yoakam, ma qui stiamo già parlando del contorno, quello che più ci interessa al
momento è che stavolta la pietanza è degna del prestigio del cuoco. (Nicola
Gervasini)