Blitzen
Trapper
Destroyer of the Void
[Sub Pop 2010]
Sorta di autentico juke box di un'intero decennio rock, quello degli anni
settanta, Destroyer of the Void conferma i Blitzen Trapper da
Portland, Oregon, come una delle punte di diamante della riscoperta intellignete
di certo "classicismo", legato oggi indissolubilmente all'etichetta Sub Pop. Infatti,
con una un simile attitudine, ma molta più freschezza e fantasia, dei colleghi
di etichetta Band of Horses, la formazione del funambolo Eric Earley, maestro
di citazionismo e rievocazioni, viaggia nel tempo scovando melodie immacolate
fra la stagione d'oro della West Coast e mescolandole con i lustrini del pop,
del glam e del prog rock, come se CSN&Y e David Bowie, Elo, Genesis e Bob Dylan
potessero far parte tutti di un'unica grande colonna sonora, una visione d'insieme
che vorrebbe riportare in superficie un gusto per suoni e canzoni che sappiano
sognare ad occhi aperti. Atteggiamento "pericoloso" e al limite dell'imitazione,
che tuttavia nelle mani giuste diventa un amarcord brillante che sguscia fra piccoli
dettagli, rivelatisi all'ascolto solo dopo ripetuti incontri con la scrittura
di Earley e soci.
Rispetto al già decantato Furr
il nuovo episodio appare più ambizioso, sfuggente, ricco di invenzioni e scatti
che mettono insieme ispirazioni all'apparenza troppo distanti. Questa disomogenità
è anche la loro principale forza, quella che impedisce ai Blitzen Trapper di apparire
soltanto come un gradevole rifacimento: non stiamo parlando di assoluta genialità
(per raggiungere Wilco o My Morning Jacket, i più vicini per sensibilità musicale,
c'è ancora un pezzo di strada da percorrere), ma di un artigianato della canzone
rock che comincia a farsi variegato e imprevedbile. Tanto quanto la stessa Destroyer
of the Void, suite glam pop in più tempi che ricorda l'esuberanza dei
migliori New Pornographers e mette insieme ridondanza e chitarre ai limiti dell'hard
rock. Siamo catalputati davvero in piena febbre seventies, ma le curve "spericolate"
della band sono tali da spostare presto il baricentro (ancora una dolce Laughing
Lover a ricordare le ascendenze british, qui vicine a Ray Davies e
Paul McCartney) verso un'anima pastorale, qualcuno oserebbe affermare Americana,
se non fosse troppo eccentrica la proposta dei Blitzen Trapper per fermarsi ad
una rilettura della tradizione.
Così la melodia celestiale di Below
the Hurricane vi riporterà alla California più tenue e sognante, The
Man Who Would Speak True nelle braccia di un folk candido e misterioso,
l'assolo piazzato al centro di Evening Star
verso il Neil Young della "corsa all'oro", Heaven and
Earth persino nella direzione di una forma pop sfarzosa, scompaginando
infine le carte in Love and Hate e
Dragon's Song, fra chitarre che azzardano accenni di pura psichedelia.
Un continuo sobbalzare che potrebbe persino far girare la testa, ma ha la sua
ragione d'essere nella scrittura stessa di Eric Earley, uno che non ha paura di
misurarsi con certa relogiosa maliconia e "flusso di coscienza", anche quando
Bob Dylan ci è già passato tempo fa (l'acustica The Tree
cantata in coppia con Alela Diane). Anche perché l'arma segreta sono quelle
caramelle pop che nel finale (Lover Leave Me Drowning,
la splendida Sadie) colorano Destroyer of
the Void di tonalità quasi immacolate. Una conferma che diventa un vero
e proprio salto di qualità. (Fabio Cerbone)