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Romi
Mayes
Achin' in Yer Bones
[Romi
Mayes 2009]
Dopo la bella sorpresa dell'esordio Sweet
Somethin' Steady - disco scoperto lo scorso anno ma in realtà
concepito nel 2006 - era lecito aspettarsi da Romi Mayes, canadese
di Winnipeg, quantomeno una conferma sugli stessi livelli. E se è vero
che "squadra che vince non si cambia", ancora una volta Romi va sul sicuro,
affidandosi alla sapiente e calzante produzione di Gurf Morlix ed
allo stesso nucleo di musicisti che avevano brillato nel suo primo album.
Ma, come ben sappiamo, non basta di certo una produzione curata per fare
un buon disco: per quello servono prima di tutto le canzoni, dopodichè
occorre la giusta capacità interpretativa per valorizzarle al meglio.
Orbene, questo Achin' in Yer Bones è la prova, se non definitiva
poco ci manca, che Romi Mayes possiede capacità di songwriting e di interpretazione
decisamente superiori alla media.
Inoltre, quello che impressiona a livello compositivo (e in particolar
modo a livello delle liriche) è la capacità di Romi di mettersi a nudo,
di non censurare di fronte all'ascoltatore nessuna delle proprie paure,
delle proprie emozioni, dei propri dolori o delle proprie gioie. E per
disegnare un panorama sonoro adeguato alla profondità delle parole, la
Mayes in questo nuovo capitolo sterza verso atmosfere più più blues e
gospel, che costituiscono un terreno ideale per mettere in mostra delle
indiscutibili doti vocali. Emblematico è il caso di Something
Goin' On, un blues gospel sofferto e penetrante, nel quale
oltre alla voce fanno bella mostra di sé le chitarre di Gurf Morlix. In
altre occasioni, il suono è più sporco e graffiante, come nel bluesaccio
I Won't Cry, nel quale le chitarre
sono carta vetrata che raschia le pareti dell'anima. Ma è tutto il disco
a svelare un'anima decisamente più nera che in passato, e pezzi come If
the Lord Don't Love You (nel quale uno splendido organo hammond
ricama intrecci malinconici e nostalgici), Achin'
in Yer Bones o Hard Road
ne sono esempi palesi.
Anche il suono, di conseguenza, si è indirizzato verso terreni più elettrici
sacrificando così, e questo è forse l'unico limite dell'album, quelle
ballate acustiche che tanto avevano contribuito a rendere l'esordio Sweet
Somethin' Steady una piccola gemma. In Achin' in Yer Bones,
infatti, gli unici episodi della vena più folkie di Romi sono la dolcissima
Tire marks ed il triste incedere
di Slow Down. Peccati veniali, questi,
a dire il vero, perchè di fronte alla ricchezza creativa ed al grande
pathos che traboccano dai solchi di quest'album non possiamo certamente
rimanere indifferenti.
(Gabriele Gatto)
www.romimayes.com
www.myspace.com/romimayes
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