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Romi
Mayes
Sweet Somethin' Steady
[Romi
Mayes 2006]
Per favore, non paragonatela a nessuna Lucinda Williams né tantomeno a
nessuna Kathleen Edwards. Romi Mayes, canadese di Winnipeg, ha
una personalità troppo forte per essere assimilata a qualsivoglia altra
cantautrice e questo suo recente lavoro (originariamente del 2006 e ristampato
quest'anno), Sweet Somethin' Ateady, né è una prova lampante.
Basterebbero le sue righe di presentazione ad uno dei brani più intensi
dell'album, Desperately, a farci capire
che la ragazza in questione ha una dose di sensibilità e coraggio fuori
dal comune. "Non ho mai capito perchè l'avere bisogno di qualcosa è
considerata una debolezza. Tutti hanno sempre bisogno di qualcosa."
scrive Romi, con una sincerità quasi spiazzante. E proprio questo senso
di insicurezza ma al contempo questa voglia irrefrenabile di vita è un
po' il tema portante di tutto l'album, che potrebbe tranquillamente essere
considerato il suo personalissimo Blood on the Tracks.
Prodotto da Gurf Morlix, uno che da queste parti non è certo sconosciuto,
già road-mate di Lucinda Williams fra gli altri, Sweet Somethin' Steady
è un distillato essenziale fra tenui momenti venati di country e profumati
di gospel ed altri più intensi, in cui un arcigno rock blues scartavetrato
la fa da padrone, senza risultare mai sopra le righe. La band, le cui
colonne portanti sono Chris Carmichael, bravo ad alternarsi fra
chitarra e batteria, Dan Walsh alla chitarra e Scott Nolan
al basso, è una macchina impeccabile al servizio della voce sofferta di
Romi Mayes, che non fa mistero di aver contribuito al suo arrochimento
con buone dosi di whiskey e sigarette (vedasi in questo senso il brano
Smoke more than I Drink, quasi un
manifesto programmatico). Ma il vero punto di forza di Romi sta nella
capacità straordinaria di mettere in musica le sue storie, le sue passioni,
le sue debolezze con una intensità vibrante e molto rara. Non c'è un pezzo
debole in questo disco, tutte le canzoni sono piccole pietre preziose,
che brillano ognuna di luce propria ma che viste una accanto all'altra
ricamano un disegno ancora più intenso e luminoso.
Se ancora rimane al lettore qualche barlume di scetticismo intorno all'album,
consigliamo caldamente di farsi trasportare dalla malinconia venata di
country di Long Way Home, dal bollente
blues The Other Dame, dalla già citata
Smoke More than I Drink o nella tenera ballata On
the corner of Grant and Alice, dedicata ad una coppia di amici
della cantautrice e che sembra uscita dal songbook di Steve Earle. Tutti
i brani meriterebbero quantomeno una citazione: sono pezzi di esperienza,
pezzi di anima che la Mayes lascia affiorare senza pudore e senza paura
di mostrarsi fragile. Ed il punto di forza del disco è proprio questa
spavalderia nell'affrontare con profondità e tenerezza le più profonde
emozioni umane, con una sincerità tale da evitare i toni autocommiseratori
o, peggio ancora, predicatori. Per questo, teniamo d'occhio Romi Mayes,
perchè se continuerà su questa strada potrebbe regalarci ancora qualcosa
di indimenticabile.
(Gabriele Gatto)
www.romimayes.com
www.myspace.com/romimayes
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