inserito 21/11/2008

Romi Mayes
Sweet Somethin' Steady
[
Romi Mayes  2006]



Per favore, non paragonatela a nessuna Lucinda Williams né tantomeno a nessuna Kathleen Edwards. Romi Mayes, canadese di Winnipeg, ha una personalità troppo forte per essere assimilata a qualsivoglia altra cantautrice e questo suo recente lavoro (originariamente del 2006 e ristampato quest'anno), Sweet Somethin' Ateady, né è una prova lampante. Basterebbero le sue righe di presentazione ad uno dei brani più intensi dell'album, Desperately, a farci capire che la ragazza in questione ha una dose di sensibilità e coraggio fuori dal comune. "Non ho mai capito perchè l'avere bisogno di qualcosa è considerata una debolezza. Tutti hanno sempre bisogno di qualcosa." scrive Romi, con una sincerità quasi spiazzante. E proprio questo senso di insicurezza ma al contempo questa voglia irrefrenabile di vita è un po' il tema portante di tutto l'album, che potrebbe tranquillamente essere considerato il suo personalissimo Blood on the Tracks.

Prodotto da Gurf Morlix, uno che da queste parti non è certo sconosciuto, già road-mate di Lucinda Williams fra gli altri, Sweet Somethin' Steady è un distillato essenziale fra tenui momenti venati di country e profumati di gospel ed altri più intensi, in cui un arcigno rock blues scartavetrato la fa da padrone, senza risultare mai sopra le righe. La band, le cui colonne portanti sono Chris Carmichael, bravo ad alternarsi fra chitarra e batteria, Dan Walsh alla chitarra e Scott Nolan al basso, è una macchina impeccabile al servizio della voce sofferta di Romi Mayes, che non fa mistero di aver contribuito al suo arrochimento con buone dosi di whiskey e sigarette (vedasi in questo senso il brano Smoke more than I Drink, quasi un manifesto programmatico). Ma il vero punto di forza di Romi sta nella capacità straordinaria di mettere in musica le sue storie, le sue passioni, le sue debolezze con una intensità vibrante e molto rara. Non c'è un pezzo debole in questo disco, tutte le canzoni sono piccole pietre preziose, che brillano ognuna di luce propria ma che viste una accanto all'altra ricamano un disegno ancora più intenso e luminoso.

Se ancora rimane al lettore qualche barlume di scetticismo intorno all'album, consigliamo caldamente di farsi trasportare dalla malinconia venata di country di Long Way Home, dal bollente blues The Other Dame, dalla già citata Smoke More than I Drink o nella tenera ballata On the corner of Grant and Alice, dedicata ad una coppia di amici della cantautrice e che sembra uscita dal songbook di Steve Earle. Tutti i brani meriterebbero quantomeno una citazione: sono pezzi di esperienza, pezzi di anima che la Mayes lascia affiorare senza pudore e senza paura di mostrarsi fragile. Ed il punto di forza del disco è proprio questa spavalderia nell'affrontare con profondità e tenerezza le più profonde emozioni umane, con una sincerità tale da evitare i toni autocommiseratori o, peggio ancora, predicatori. Per questo, teniamo d'occhio Romi Mayes, perchè se continuerà su questa strada potrebbe regalarci ancora qualcosa di indimenticabile.
(Gabriele Gatto)

www.romimayes.com
www.myspace.com/romimayes


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