inserito
il 03/12/2007 |
The
Avett Brothers
Rifugge dalle regole la formula
sonora degli Avett Brothers: nel momento stesso in cui sareste disposti
a catalogarli come una delle tante nuove leve del tradizionalismo americano, sulla
scia di Old Crow Medicine Show o Hackensaw Boys, esempi anche lungimiranti di
ripescaggio coscienzioso dell'old time, sano revival folk e via di questo passo,
loro sgusciano via con melodie latine, armonizzazioni pop, stravaganti ballate
che aprono un mondo fantasioso, un po' irreale. La band dei fratelli Avett, Scott
(voce e banjo) e Seth (voce e chitarre), da Greenville, North Carolina,
ai quali si affianca il fedele contrabasso di Bob Crawford, non è fatta
su misura per il contemporaneo mondo dell'Americana: ci sono troppe sfumature,
troppa eccentricità per addomesticarli, e tutto questo nonostante il trio si muova
all'interno degli spazi angusti di un suono pressochè acustico, scarno, raramente
abbellito da un pianoforte o da un violino. Emotionalism è indubbiamente
il loro disco più smussato e accattivante, fermo restando che si tratta di una
musicalità essenziale. Eppure rispetto a quanto messo in mostra con i precedenti,
sempre ottimi, Mignonette
e Four Thieves Gone, questa volta ci ritroviamo fra le mani un lavoro più diretto
e persino definibile quale modello di pop music acustica, che tiene fede allo
stesso titolo: più emozioni, più passione, attraverso canzoni disarmanti, semplici,
con quel tocco naif che pare la vera arma segreta degli Avett Brothers.
Quindici brani, un'ora di musica generosa, persino troppo, con il rischio di sflilacciare
una ricetta che tuttavia sulla distanza riesce miracolosamente a mantenere inalterata
la sua seduzione. Indubbiamente non si resta indifferenti all'aperura di Die
Die Die, voci all'unisono e una deliziosa melodia pop scandita da chitarre
e banjo, che presto si concede ad un clima più raccolto e soffuso con le sucessive
Shame, Paranoia
in B-Flat Major e The Weight of Lies.
Difficile davvero liquidare soltanto come old time music queste ballate, che assorbono
stimoli differenti, echi lontani del foklore americano e modernità rock, seppure
nascosta dietro i rintocchi acustici degli arrangiamenti. Valgano per tutte
Will You Return?, dove pare di ascoltare i Beatles più scanzonati e
roots, ad esempio quelli di Help! o Hard Day's Night, in una session country rurale,
Pretty Girl from Chile, ballata in tre tempi,
con un finale elettrico, che improvvisamente cambia marcia spostandosi su territori
latino-americani, così come la gemella di quest'ultima,
Pretty Girl from San Diego, altra sbarazzina digressione spanish.
E ancora le atmosfere confessionali di The Ballad of
Love and Hate, con un testo fra i più immaginifici della raccolta,
Living of Love e I
Would Be Sad, che ricordano entrambe da vicino la fragilità del Conor
Oberst (Bright Eyes) più tradizionale, fino a chiudere il cerchio con il canto
rurale di Go to Sleep, dove davvero gli Avett
Brothers si mettono in pace con la tradizione hillbilly. Una band dall'anima antica
e dallo spirito giovane. |