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Rachel
Harrington
City of Refugee
[Rachel
Harrington 2008]
Con una copertina che non lascia molto spazio all'immaginazione, ci immergiamo
nell'evocazione della mitologia West americana grazie al nuovo lavoro
della cantautrice dell'Oregon, Rachel Harrington, di cui vi avevamo
già dato notizie lo scorso anno con il suo tardivo debutto The
Bootleger's Daughter. Cresciuta infatti prima come performer
e autrice, Rachel si è decisa a dare una sterzata netta alla sua carriera
discografica soltanto dopo l'interessamento di numerosi musicisti dell'area
old time e bluegrass dell'altra Nashville, tanto è vero che possiamo scorgere
fra i collaboratori di questo City of Refugee il bravisismo
Tim O'Brien al fiddle, il polistrumentista Zak Borden alle chitarre
e mandolino, l'onnipresente Mike Grigoni al dobro e pedal steel, personaggi
che arricchiscono un disco comunque pregevole già di suo, almeno giudicando
dal songwriting.
Rachel Harrington non si limita difatti a riprendere i suoni della tradizione,
rimanendo in questo molto fedele a quel country folk rurale che ha decretato
il successo di Gillian Welch o Iris Dement, per citare alcune colleghe
a lei vicine artisticamente, ma cerca anche di impreziosire i contenuti
delle sue ballate cantando l'America della leggenda attraverso storie
e volti il più possibile interessanti (l'episodio Carver
dedicato al grande scrittore americano). In tal senso mi pare utile sottolineare
la presenza non solo di qualche immancabile traditional, tra cui il medley
Old time Religion/ Working on a Building
contraddistinto dalla presenza del clarinetto di Dajan Kei, ma anche di
brani originali che possiedono tutto il calore del passato, evocando ballate
acustiche perse nella grande storia del folklore. Il disco inoltre dura
davvero lo spazio di un batter d'ali, poco più di trenta minuti, seguendo
in fondo una regola tipica delle produzioni folk di un tempo: così facendo
non spreca una sola nota e se qualcuno storcerà il naso per la breve durata,
non avrà forse intuito l'adesione totale della Harrington alla memoria
che rappresenta.
Credo invece fermamente che vada premiata la delicatezza del canto e la
poesia acustica che soffia sull'esecuzione di Karen
Kane e Angel Boy: il suono
distante e malinconico di un banjo o di un violino, la voce delicata della
protagonista, niente in più del necessario per commuovere l'ascoltatore.
Vicende che si accompagnano ai ricordi di donne abbandonate, prostitute
vissute ai tempi della corsa all'oro vero l'Alaska, oppure vere e proprie
figure storiche legate alla cronaca locale: tra queste Harry
Truman (nulla che fare con l'omonimo presidente americano),
anziano residente di Mount St. Helen nella stato di Wasshington che decise
conscientemente di morire sotto il vulcano in eruzione perché legato in
maniera indissolubile a quella montagna.
Tra le migliori proposte di ispirazione old time di questo 2008.
(Davide Albini)
www.rachelharrington.net
www.myspace.com/rachelharrington
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