Rachel
Harrington
The Bootleger's Daughter
[Skynny
Dennis 2007]
È
un pozzo senza fondo quello che anima la scena di ispirazione roots e old time,
per lo meno sul versante femmnile: sempre nuove voci dagli angoli sperduti della
provincia americana che sembrano attenersi ad un preciso canovaccio. È il limite
maggiore e il miglior pregio di una schiera di autrici sensibili, spesso dotate
di un valido songwriting, di solide radici musicali e magari anche di una voce
degna di tutto il nostro rispetto. Non fa eccezione Rachel Harrington,
il cui esordio, The Bootleger's Daughter, non sconfina dalle regole
di genere, rammentando molte colleghe più o meno fortunate di lei: le ultime in
ordine di tempo, già recensite su queste pagine, sono le affini Diana Jones e
Jan Smith. Il disco si colloca naturalmente sulla linea di quella canzone d'autore
country che si colora di vecchio folk, di fragranze bluegrass e Appalachian music
senza accennare minimante al moderno. Più Gillian Welch che Alison Krauss dunque,
accostamento superficiale eppure doveroso di fronte ad un materiale che raccoglie
ballate autografe, ma anche vecchi blues (la Louis Collins di Mississippi
John Hurt), traditional perduti nella notte dei tempi (Farter Along) ed
un armamentario di strumenti acustici, fra delicati contrappunti di mandolino
(John Reishman), banjo (Danny Barnes), dobro (Orville Johnson),
fiddle (Ruthie Dornfeld) e pedal steel (Marty Muse). Gregari di
lusso, gente navigata che ha collaborato con Dwight Yoakam, Dave Alvin, Tim O'Brien
e Tony Rice fra i tanti, al servizio di un suono parco e gentile, chiaramente
schierato sul lato "conservatore" del linguaggio Americana. La Harrington ha compiuto
parecchia strada prima di arrivare a questo debutto: originaria di Eugene, Oregon,
ha gironzolato gli States, salendo su diversi palcoscenici prima ancora di registrare
qualsiasi composizione. Dalla gospel e soul music ascoltata nella casa dei genitori
al country di Loretta Lynn e George Jones è nata una passione che si riflette
oggi nel suo modo di adagiare la voce: non è un miracolo intendiamoci, eppure
riesce a cavarsela con il dovuto trasporto nella dolcissima Sunshine Girl,
nel marciare spedito di Blow, The Ballad of Bill Miller, persino
nel canto a cappella di Untitled. The Bootleger's Daughter si attiene insomma
al citato copione old time, sublimandosi nel docile soffio country di Halloween
Leaves e Farter Along, nella più mossa Shoeless Joe (con batteria e
pedal steel), infine nella più buia Summer's Gone. Alla pregevole scrittura,
colma di lontane eco del folklore americano occorre adesso fornire una veste musicale
solamente un po' meno prevedibile. (Fabio Cerbone)
www.rachelharrington.net
www.cdbaby.com
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