inserito 23/04/2008

Robert Forster
The Evangelist
[
Tuition
2008]



Le cronache e la fredda statistica ci dicono che The Evangelist sia il quinto capitolo solista di Robert Forster, ai più conosciuto come la metà "oscura" e malinconica dei Go- Betweens, splendida avventura rock australiana condivisa per due decenni con lo scomparso Grant McLennan. Nei fatti, a dodici interminabili anni dal predecessore (Warm nights, era esattemente il 1996), il come back artistico di Forster è solcato invevitabilmente dalle ombre della dipartita di McLennan (tre gli episodi in cui compare un piccolo contributo di quest'ultimo nel songwriting), tanto da risultare un lavoro dei Go-Betweens sotto mentite spoglie: rispondono infatti all'appello il basso di Adele Pickvance e i tamburi di Glenn Thompson, successivamente arricchiti da una sezione d'archi condotta da Audrey Riley. Siamo a casa dunque, e la produzione londinese affidata a Mark Wallis e Dave Ruffy, gli stessi curatori di Oceans Apart, non fa che ribadire le intenzoni di Forster: circodarsi di sicurezze, riprendere il cammino senza cancellare i dolori del passato, per trovare forse una ragione in più nel continuare a fare musica.

E' lui stesso che sancisce questa esigenza artistica, dibattuto agli inizi se proseguire o meno la carriera di musicista: chiuso drammaticamente il romanzo Go-Betweens, restano queste dieci ballate uggiose ed eleganti, attraversate da quel folk rock capace di farsi a tratti crepuscolare e dolciastro, altre volte più luminoso e tradizionalista. Si comincia dalla disillusione di If It Rains e si prosegue con le ombre di Demon Days: acustiche, rarefatte, sembrano lo specchio di un autore nell'autunno della sua vita. Liriche contratte, essenziali ed una musicalità fatta di chiaroscuri. Poi arriva Pandanus e uno spiraglio si fa largo: si accendono i colori del folk rock per cui Forster è giustamente ammirato, virando verso i ricordi di quella "nuova onda" degli anni '80 in cui la spinta rinnovatrice del rock australiano vide i Go-Betweens fra i maggiori esponenti nella ridefinizione del linguaggio pop. Did She Overtake You è in tal senso quasi un tuffo nei ricordi, salvo riportare l'ascoltatore verso la caducità dei tempi moderni con la stessa title track, metafora di un amore votato alla salvezza.

Non è un disco facile e accomodante, accarezza ma può fiaccare The Evangelist e richiede forse una certa predisposizione d'animo. Altrimenti non si potrebbero apprezzare e capire fino in fondo i tenui colori di A Place to Hide Away e di una pianistica, struggente From Ghost Town, chiusura sulla quale pare davvero soffiare una presenza impalpabile, quella appunto di McLennan. Per fortuna ci saranno sempre momenti di adorabile lucentezza ad allegerire il carico del disco: dalla frizzante cantilena rootsy con tanto di mandolino di Let Your Light In, Babe alla morbida veste soul di Don't Touch Anything fino al nervoso scalciare folk rock di It Ain't Easy. Dal dolore e dal senso della vita stessa Forster ha ritrovato le ragioni per proseguire il tragitto, senza clamori e con la consapevolezza che nulla è perduto per sempre.
(Fabio Cerbone)

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