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inserito
23/05/2005
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Che dire, signori: quando un pugno di ultraquarantenni
in circolazione ormai da mezzo secolo è ancora in grado di aprire un disco
con la grinta tra Byrds e wave di Here Comes A City, come si fa
a non spellarsi le mani per gli applausi? Non volendo barare con me stesso
o con voi, né volendolo fare con la nostalgia, mi vedrò costretto ad ammettere
che l'entusiasmo inizialmente suscitato dai primi ascolti di Oceans
Apart, nono album realizzato dagli australiani Go-Betweens
in venticinque anni di carriera tanto onorata quanto misconosciuta, deve
probabilmente qualcosa alla stagione dell'adolescenza e delle prime scoperte
musicali. Del resto, il brivido d'eccitazione dovuto al rendersi conto
di quanto potevano essere dolci, malinconici e lenitivi tutti questi ragazzi
- Robyn Hitchcock, Eastern Dark, Wayward Souls, la scena Paisley e (appunto)
i Go-Betweens - che negli anni '80 omaggiavano i sixties facendogli fare
un prodigioso salto nel tempo, quello non si dimentica più. In tutta sincerità,
credo sia abbastanza scontato affermare che nei pur lodatissimi album
scaturiti dal recente come back del gruppo, cioè a dirsi 16 Lovers Lane
(1996), The Friends Of Rachel Worth ('00) e Bright Yellow Bright Orange
('02), non c'è nulla che il quartetto degli antipodi non abbia già detto
altrove già detto altrove, forse persino con intonazione più forte e decisa.
Tuttavia, soprattutto se paragonato ai tristi pensionamenti di altri colleghi,
il peso anagrafico accumulatosi nel frattempo sulle spalle di Robert
Forster e Grant McLennan, pur restando chiaramente avvertibile,
non sembra aver poi influito in modo troppo negativo sulla qualità della
loro scrittura. |