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Dr.
John and The Lower 911
City That Care Forgot
[429/Cooking
Vinyl
2008]
La proverbiale indolenza e il fatalismo esistenziale tipico degli abitanti
di New Orleans fece guadagnare alla città negli anni trenta il nomignolo
di "City That Care Forgot" (traducibile liberamente come "la città che
dimentica di preoccuparsi"), un nickname generalmente attribuito alla
sagace penna di Mark Twain, alternativo al più noto "The Big Easy". Serve
sapere questo per capire l'ironia del titolo del nuovo lavoro di Dr
John, perché da quando nel 2005 la città è stata messa in ginocchio
dall'uragano Katrina, sembra proprio che la "grande facilona" abbia perso
la voglia di fregarsene dei problemi, tirando a campare tra un carnevale
e un giro di blues. City That Care Forgot era un disco che
Mac Rebennack aveva dentro da tempo, uno dei suoi saltuari e rigenerativi
ritorni alle atmosfere del Mardi Gras cittadino.
Quello che manca in questa nuova rimpatriata è quella voglia di gozzovigliare
che animava il suo capolavoro del 1972 Gumbo, o altri album come Going
Back To New Orleans del 1992 o il più recente N'Awlinz:
Dis Dat or d'Udda del 2004, tutti impermeati dai ritmi indiavolati
della città. Stavolta infatti c'è da cantare una tragedia, c'è da metabolizzare
la rabbia per l'indifferenza del resto dell'America (sentite Promises,
Promises o il manifesto elettorale di Time
For A Change), e c'è dunque da ritrovare la forza di ripartire
(Keep On Goin',
My People Need A Second Line o anche l'appello di Save
Our Wetlands). E c'è anche da ritrovare una nuova identità
comune, persa con la scoperta che durante l'alluvione era il proprio il
vicino di casa quello che abbandonava nei flutti la gente o svaligiava
quel che restava delle case (una sensazione di fiducia tradita evidente
in You Might Be Surprised o in Black
Gold).
C'è quindi da preparare, se è possibile, un nuovo carnevale, più sfrenato
e pazzo del solito, perché la città riesca a lavarsi via il fango che
non l'ha fatta respirare per tanto tempo. E l'uomo giusto per farlo è
proprio Dr John, perché se l'anno scorso Zachary Richard ha cantato la
disperazione vista dal lato dei cajùn con lo splendido Lumière Dans Le
Noir, Rebennack prova a vedere le cose ancora più dall'alto, parlando
non solo a New Orleans come fece il collega, ma all'America e al mondo
intero, quasi volesse lanciare un monito valido per tutti descrivendo
una città che non si preoccupava, e forse avrebbe fatto bene a farlo.
E tutto questo lo canta con un disco che rappresenta la summa del suo
stile, con grande ritmo, fiati, e suoni anche moderni (senza arrivare
però alle esagerazioni di Television del 1994), con il solito sfoggio
compiaciuto di grandi nomi (Eric Clapton, Ani DiFranco,
Willie Nelson) e fornendo performances sempre vigorose e all'altezza
della situazione.
Manca forse il colpo di genio in più per non farlo sembrare un disco un
po' risaputo, ma non era né l'argomento, né l'occasione giusta forse.
Prima di tornare a far vera baldoria, il nostro Night Tripper ha bisogno
di capire cosa si sta festeggiando.
(Nicola Gervasini)
www.drjohn.org
www.cookingvinyl.com
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