inserito 12/09/2008

Calexico
Carried to Dust
[Quarterdisk/City Slang  
2008
]



Annunciato come un ritorno al deserto ricco di mistero delle loro origini discografiche, peraltro simboleggiato dal riferimento alla polvere sin nel titolo, Carried to Dust era un giro di boa importante per i Calexico dopo le indecisioni del precedente Garden Ruin. Disco quest'ultimo di scarto rispetto alla rotta fino ad allora seguita dalla band di Joey Burns e John Convertino, tentativo parzialmente fallito di allargare le possibilità del loro suono dopo le innumerevoli collaborazioni che ne avevano contaminato la scrittura. La ripresa delle ostilità marca decisamente un rientro nei ranghi, anche se i Calexico non rinunciano affatto all'incontro con altri artisti (fra gli ospiti Iron&Wine, Pieta Brown e Doug McCombs dei Tortoise, oltre alla chicca della sola edizione italiana, Polpo, brano in coppia con Vinicio Capossela), semmai li utilizzano in seconda battuta, prevedendo un songwriting che nasce innanzi tutto dalla coppia di base Burns-Convertino, nei familiari studi di Tucson, e solo successivamente offre il destro alle incursioni degli storici collaboratori Jacob Valenzuela (oggi persino protagonista al canto nella digressione cubana di Inspiración con Amparo Sanchez), Martin Wenk e Paul Niehaus.

Così almeno descrivono il lavoro di concezione di Carried to Dust gli stessi protagonisti, desiderosi di acciufare nuovamente un briciolo della magia di Black Diamond e Feast of Wire, senza tuttavia averne più il sacro fuoco, dissipando quell'ispirazione magica che aveva reso i Calexico una delle creature più originali nella ridefinizione della tradizione folk americana. Dalla ritmica inconfondibile di Convertino allo scandire delle prime note in Victor Jara's Hand (dedicata al musicista cileno ucciso dal regime di Pinochet) alla cavalcata "western" di The News About William, fino al country ombroso e crepuscolare di Bend To The Road è tutto un inseguirisi di pura forma, all'interno di un quadro scontato, di un canto monotono, insomma un continuo fare il verso a se stessi e alla propria immagine senza la forza del passato. Si allineano coscienziosi i riverberi di Fractured Air (Tornado Watch), le immancabili digressioni spanish-morriconiane di El Gatillo (Trigger Revisited), quelle soavità acustiche di alcune ballate alla Burns (Red Blooms) e persino quella vena di fascinoso sperimentalismo sonoro (qui adombrato nella chiusura di Contention City) che ha sempre accompagnato le registrazioni della band.

Si tratta però di un vero e proprio inganno: le liriche impresioniste - che scavano ancora una volta nel cuore del mito delle frontiera e dell'America tutta, spesso malinconiche e intente ad indagare la povertà e l'abbandono - riescono ancora a comunicare qualcosa, ma la veste sonora di cui sono avvolte (fatta forse eccezione per House of Valparaiso con Iron&Wine ed una scura Man Made Lake con finale aperto al feedback delle chitarre) è semplicemente stanca e sfuocata. Si è forse chiuso un ciclo: l'avvincente formula inventata dai Calexico ha esaurito la sua spinta vitale.
(Fabio Cerbone)

www.casadecalexico.com
www.myspace.com/casadecalexico


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