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inserito
17/10/2005
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Souls'
Chapel è la riprova che quella generazione di "nuovi tradizionalisti"
battezzata una ventina di anni fa a Nashville non era un bluff, ma una
vera fucina di talenti. Marty Stuart ne ha fatto parte legittimamente,
seppure la sua carriera si sia svolta con più diligenza e meno capolavori
degli altri colleghi (Lyle Lovett, Rodney Crowell tra i nomi che gli furono
accostati). Il suo onesto mestiere Marty Stuart l'ha sempre svolto, mantenendo
anche le dovute distanze, fin dove gli è stato possibile, dalle lusinghe
di sonorità nashvilliane più edulcorate. Lo avevamo lasciato alle prese
con l'ambizioso Country
Music, Souls Chapel però cambia letteralmente le carte in tavola,
non solo perché è un progetto dalla fortissima identità, musicalmente
distanziato dal classico country rock del passato, ma anche perché ne
rinvigorisce enormemente le potenzialità di songwriter e arrangiatore.
Con i fedeli Fabolous Superlatives (un Kenny Vaughan da
applausi alla chitarra, Chad Cromwell alla batteria, Glenn Worf
al basso) e le grazie vocali di Harry Stinson e Brian Glenn,
si tratta di un viaggio nelle gioie del profondo Sud, un disco di gospel
music immacolata verniciato di country-blues e rock'n'roll, tra riprese
di classici e materiale di propria composizione che non sfigura accanto
ai primi. Il critico Peter Guralnick, nelle note interne del cd, sottolinea
la semplicità e al tempo stesso la profondità di questa musica, il segreto
che l'ha mantenuta viva nel tempo, capace di racchiudere i misteri di
una regione che sull'afflato religioso e sugli incroci tra soul, country
e rock ha scritto la bibbia della musica americana. Ci sono le vette spirituali
di Somebody Saved Me (solo chitarra e voce, a firma Pop Staples),
I Can't Even Walk (Without You Holding my Hand) e The Unseen
Hand, il soul impareggiabile di Slow Train (firmata da Steve
Cropper e William Bell e nel repertorio di Soul Stirrers e Staples Singers)
così come il battito diabolico del blues in Way Down (una citazione
di Baby Please Don't Go nella parte solista di chitarra), l'eccitazione
del rock'n'roll in It's Time to Go Home e la carica soul di Come
Into the House of the Lord. Non c'è una nota fuori posto, un linea
vocale, un guizzo di chitarra, una spinta dell'organo, che non siano funzionali
all'emozione complessiva del disco, che conquista per la bellezza trasparente
dei suoni e della loro carica southern: mirabile in tal senso The
Gospel Story Of Noah's Ark, batteria accennata ed una chitarra che
scalcia per tutto il tempo prima di mollare gli ormeggi nel finale, quanto
la fremente Move Along Train, ancora dal repertorio di Pop Staples,
e qui sciorinata in coppia con la figlia Mavis Staples …da brividi
lungo la schiena, come del resto l'intero Souls' Chapel |