Mancava
all'appello da parecchio tempo Marty Stuart e se penso che il suo
ultimo lavoro, l'ambizioso The Pilgrim, aveva probabilmente rappresentato
uno dei vertici della sua carriera, non posso nascondere la curiosità
e le aspettative che crescevano riguardo al suo ritorno. Con una certa
dose di "modestia" il nostro ha deciso di intitolare il nuovo
disco Country Music (qualcosa di equivalente al Ryan Adams
di Rock'n'roll). Il rischio è di apparire un po' megalomani, specie
se ti fai accompagnare da una band che si fa chiamare The Fabolous
Superlatives. Non c'è che dire Marty Stuart è sicuro
dei propri mezzi e non guarda in faccia a nessuno: ha tutti i diritti
per farlo, perchè in questi anni è rimasto uno dei pochi
a Nashville che sapessero il vero significato di country music.
La sua generazione (che è poi, a grandi linee, quella dei vari
Dwight Yoakam, Lyle Lovett, Rodney Crowell) ha rifondato questo genere
dandogli nuova linfa: li chiamavano new traditionalists e Stuart
ne ha fatto parte a pieno titolo. Rispetto ad altri suoi colleghi non
ha avuto però la stessa costanza, alternando buone prove a dischi
un po' sbiaditi, ma cimentandosi spesso come produttore e musicista conto
terzi. Mi pare che Country Music segua questo andamento, un lavoro a due
marce, a tratti ispiratissimo e coinvolgente, altre volte lontano dai
suoi intenti (colpa forse della produzione di Justin Niebank, uno
poco adatto al genere). E' difficile infatti definire country il sound
di Fool for Love o Here I Am, qualcosa più vicino
ad una sorta di pop-rock con pedal steel. La prima parte è contraddistinta
da questi pasticci, anche se le melodie di A Satsfied Mind e
If There Ain't There Ought' a Be funzionano. In netta crescita invece
la parte centrale con Sundown In Nashville, By George e
Wishful Thinkin', ruspante country-rock di prima scelta, oppure
Farmer's Blues, una ballatona da brividi in coppia con Merle
Haggard e l'honky-tonk sfrenato di Too Much Month (At the End of
the Money). Nel finale compaiono il dobro di Jon Graves e il
banjo di Earl Scruggs in Tip Your Hat, ma i risultati non
sono quelli che ti aspetteresti: ottima la parte strumentale, ma il canto,
alla maniera di un talkin', fa perdere tensione. Country Music certamente,
ma con qualche riserva.
(Davide Albini)
www.martystuartmusic.com
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