In seguito a un numero incalcolabile di ascolti del precedente Ashes
mi era già venuta la voglia di scriverlo, ma dopo aver sfiancato anche
i microsolchi digitali di questo Beneath The Ashes (che
delle tematiche e dei suoni dell'album di un anno fa costituisce una sorta
di approfondimento ed estensione) non posso davvero più farne a meno:
il chicagoano Michael McDermott è senza dubbio uno dei migliori
rockwriters della sua generazione, cioè quella affacciatasi sulle scene
all'alba degli anni '90, e di riflesso uno dei pochi, pochissimi nomi
sulle cui nuove uscite discografiche vale la pena di puntare ormai a occhi
chiusi. Nel corso di una carriera ancora non ricchissima di tappe ha avuto
sì dei comprensibili cali di tensione, ma ormai il baricentro delle sue
composizioni s'è piantato in modo ben saldo su di una scrittura sfavillante
che, fatto tesoro della lezione di patri putativi dello spessore di Bob
Dylan e Van Morrison, nonché della capacità d'introspezione offerta al
mondo dagli esponenti della cosiddetta "me-generation", ha saputo assimilare
la raucedine stradaiola di Bruce Springsteen alla luce dello slancio e
dell'impatto sonoro degli U2 della fase di mezzo. Beneath The Ashes, in
quanto raccolta di materiale in precedenza accantonato oppure soltanto
abbozzato, non possiede com'è ovvio la stessa, fulminante compattezza
di Ashes (disco peraltro molto unitario anche a livello concettuale),
eppure contiene troppe canzoni splendide per non giudicarlo con la massima
generosità e il massimo entusiasmo possibile. I musicisti sono gli stessi
del disco gemello, il produttore pure (l'ottimo Joe Hardy), e altrettanto
inalterata è la carica rock capace di trascendere in ballate visionarie
e maestose come in serrate esplosioni di artiglieria epica. Alla prima
categoria, per esempio, appartengono di diritto una Ridin' The Spare
in odor di Clash quanto la devastante Puzzle ("Hey let's go
talk to Jesus / Do you think he even gives a shit?"), brano di intensità
lirica e musicale a dir poco sconvolgente, mentre alla seconda vanno ascritte
la cadenzata Right Here With You o quella The Silent Will Soon
Be Singing che tanto rammenta il Dylan zingaresco di Desire. Ci sono
poi una stupenda versione per archi di Around The World, come Can't
Sleep Tonight (oggi interpretata alla chitarra acustica invece che
al pianoforte) estrapolata da Ashes, una marziale rilettura del classico
natalizio Little Drummer Boy, il trascinante battito roots dell'iniziale
Feel A Little Further, la sferzante cavalcata urbana di Upside
Down, una Belong dalle inaspettate coloriture pop e il capolavoro
assoluto di What You Think, You Become, perfetta nella sua brevità,
davvero una bella dimostrazione di come si possano far urlare le chitarre
senza per questo seppellire un tessuto melodico di rara efficacia. Essendo
pensato per i fans di più stretta osservanza, Beneath The Ashes è reperibile
solo attraverso il sito dell'artista, ma a conti fatti mi sembra una limitazione
di poco conto: se vi sta a cuore il rock'n'roll, una sbirciatina è d'obbligo.
(Gianfranco Callieri)
www.michael-mcdermott.com
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