Dopo un periodo di relativa incertezza, costellato da piccoli esperimenti
in proprio e autoproduzioni, torna a farsi vivo Michael McDermott,
non con un raccogliticcio compendio di prove ed abbozzi, bensì con un
nuovo album perfettamente all'altezza delle sue cose migliori. Ashes,
cioè "ceneri", rappresenta una riflessione ora lieve ora disperata su
quello che resta, così come di una sigaretta rimangono soltanto le braci;
un album dedicato con vivida partecipazione alle strade che finiscono
nel nulla, agli amori passati e svaniti, agli affetti dei tempi andati,
agli orizzonti di una ricerca interiore ("ho dovuto girare il mondo,
per trovare la strada di casa") che è sì quella dell'autore ma potrebbe
appartenere a ciascuno di noi. Il suono costituisce un'esaltante sintesi
tra l'ingenuità folk-rock dell'esordio 620 W. Surf (1991), l'epica alla
U2 del successivo Gethsemane ('95) e le corpose fattezze mainstream del
sottovalutato Last Chance Lounge ('00): troppa la voglia di rock'n'roll
viscerale, di grandi canzoni, di un trasporto incontenibile che si snocciola
nota dopo nota per non considerarlo fin da ora tra le cose più belle ascoltate
in questo 2004. I pezzi più tirati, che negli ultimi tempi sono quelli
dove un po' tutti rischiano di essere più banali, catturano all'istante.
L'iniziale Arm Yourself, con la sua grandeur ritmica anni '80 e
un raddoppio di cori da pelle d'oca nel travolgente ritornello, traccia
le coordinate di un rock'n'roll onesto, diretto, privo di fronzoli o compiacimento;
coordinate poi riaffioranti nei riferimenti biblici di una Hellfire
In The Holyland nella quale è impossibile non leggere un accorato
commento all'intervento USA in Iraq, nell'atmosfera gotica di Dance
With Me e, soprattutto, nella spettacolare Darkest Night Of All,
robusta cavalcata a chitarre sguainate che coniuga l'urbana raucedine
di Matthew Ryan con il pathos di Bono, gli effetti del migliore The Edge
con l'insofferenza gridata dei Replacements. Bellissime sono anche Hold
Back A River, pop rock tirato a lucido e collocato da qualche parte
tra Byrds e Tom Petty, le saette d'armonica di una Sword Of Damocles
che avrebbe potuto scrivere un Freedy Johnston allo zenith dell'ispirazione
(con annessa graditissima citazione da John Fante), il valzer newyorchese
di Everything I Got (col pianoforte a condurre le danze) e quel
frammento spicciolo di Jersey-sound fiatistico e ballabile che si chiama
Gonna Be Good. Non che il resto valga qualcosa in meno, beninteso:
l'immensa One Way To Go è una di quelle ballads sofferte e visionarie
che Bob Dylan o Van Morrison non compongono da troppo tempo, i tocchi
modernisti di Can't Sleep Tonight evocano come meglio non si potrebbe
l'umidore notturno e solitario di un boulevard bagnato dalla pioggia,
Grace Of God e la conclusiva Around The World risuonano
- l'una alla chitarra, l'altra al piano - acustiche e toccanti.
Ashes, purtroppo, lo si può comprare soltanto sul sito di Michael, ma
se il rock'n'roll rientra tra le vostre priorità sapete già da ora di
non poterne fare a meno. Compratelo, regalatelo, diffondetelo. E non dimenticatevi
di alzare il volume.
(Gianfranco Callieri)
www.michael-mcdermott.com
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