I
primi verdetti della stampa specializzata americana, divisi tra osanna
e critiche spietate, sembrano riflettere la complessità di Soul
Journey: definito dalla stessa Gillian Welch come il suo
disco più solare, è in realtà una
raccolta di canzoni molto più ambizosa rispetto al passato. Per
contrasto la struttura dei brani è assai scarna, incentrata esclusivamente
sulla melodiosa vocalità della protagonista ed un accompagnamento
mai invadente. Certo, lasceranno un po' spiazzati le presenze più
massicce di batteria, organi e chitarre elettriche, elementi che solo
sporadicamente (e in gran parte relegati al suo primo disco) avevano fatto
capolino nella musica di questa principessa dell'Americana sound. Il concetto
è adattabile alla perfezione per un artista come la Welch, da sempre
paladina di un recupero delle radici più ancestrali della folk
music dei monti Appalachi, ballate acustiche sospese ad un filo, fuori
del tempo, con un respiro religioso. In Soul Journey non si verificano
stravolgimenti imprevedibili del suo sitle, per natura sempre fedele all'essenzialità
delle sue fonti di ispirazione, ma in qualche modo si contrappongono un
afflato soul ed una semplicità d'esecuzione che contrastano con
il precedente, oscuro e strepitoso, Time
The Revelator. La presenza di Greg Leisz (dobro), Jim
Boquist (basso, ex Son Volt), Ketch Secor (fiddle) e Mark
Ambrose (chitarre) dona al disco una dimensione meno solitaria e lo
stesso fedele compagno David Rawlings (chitarre e strumenti assortiti)
è oggi relegato ad un ruolo meno incisivo. Le oasi acustiche restano
in ogni caso atti di assoluta purezza folk, sublimate nelle cover di Make
Me a Pallet On Your Floor e I Had A Real Good Mother and Father,
anche se il nuovo corso è simboleggiato dalla corale Wayside/Back
in Time, dall'andamento sontuoso di Look at Miss Ohio e dall'ombrosa
One Monkey. La dolcissima No One Knows my Name appare come
un refuso del passato, country music rurale con banjo e fiddle sbucata
dagli anni trenta: è il brano che più si lega al passato
della Welch, insieme all'angelica I Made a Lovers Prayer, mentre
il finale è tutto nelle mani dell'elettrica Wrecking Ball,
ballata country-rock dai profumi seventies che stende tutto il fascino
anti-modernista di questa cantautrice.
(Fabio Cerbone)
www.gillianwelch.com
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