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Pacific rock di
Silvio Vinci (16/09/2013)
Ho ascoltato e riascoltato questo splendido Behind Beyond, non volevo
essere banale nel descriverlo, il giudizio finale è questo: lavoro splendido,
ricco e maturo, da scoprire senza fretta, capace di regalare nuove emozioni ad
ogni ascolto. Potremmo mai avere dubbi su una band californiana nata e cresciuta
sotto la benedizione e la continua ispirazione delle grandi sequoie? Monumenti
sotto i quali trovarono ispirazione Grateful Dead, Moby Grape, Quicksilver MS,
e tutta la crema di San Francisco? Direi proprio no, nessun dubbio, i Mother
Hips non tradiscono, dopo quattro anni dal meraviglioso e fortunatissimo,
anche dal punto di vista commerciale, Pacific Dust, danno alle stampe l'ennesimo
tassello di una discografia che, specialmente nell'ultimo decennio, ha avuto una
crescita artistica verticale maestosa, solida, da grande band. Per chi non li
conoscesse, spero e immagino pochi tra i lettori di Rootshighway, i Mother Hips
sono uno delle più influenti band americane del nuovo millennio, autori di un
rock figlio della psichedelica west coast e del rock a stelle e strisce a tutto
tondo, formatisi all'inizio dei 90 per mano del leader Tim Bluhm, insieme al fido
Greg Loiacono, chitarristi e cantanti, con John Hofer e Scott Thunes (sezione
ritmica).
Più che una rock band, Mother Hips è una comunità, una società-azienda
che mette insieme lo spirito hippy dei 60, con i raduni e i festival autogestiti,
e la vendita di birra e vini col proprio nome, merchandising e produzione discografica
e controllo totale della loro musica ovviamente... e che musica! Ricordavo Pacific
Dust come ultimo loro capolavoro, ma questo Behind Beyond gli sta affianco, né
più debole né più bello, lo stesso straordinario, decisamente più maturo,
da assaporare e scoprire ascolto dopo ascolto; dal primo all'ultimo brano si respira
l'aria dei vinili che arricchiscono la mia collezione, tra Little Feat, Allman
BB, Jefferson Airplane, CSN&Y, Byrds, Flying Burrito Brothers per avere riferimento
al passato e Black Crowes, Deadmen, Elbow per collocarli nell'attuale panorama
rock americano, una playlist che da tempo non ascoltavo così originale, così caratterizzante.
Il disco parte col botto, The Isle Not of A Man
è la canzone tipica per descrivere i Mother Hips, un crescendo di chitarre elettriche
che si armonizzano nell'architettura del brano, un cantato rilassato e i colori
dell'arrangiamento che sono il riflesso della Bay area, magia per le menti. Freed
from a Prison sta a questo album come One Way Out stava a Pacific Dust,
una delle canzoni più belle, bella melodia, mai banale, elettricità sotto controllo
che ascolto dopo ascolto porta le endorfine a livello di guardia.
Già
inebriato da questo inizio, vi invito a deliziarvi del boogie southern che trasuda
da Toughie, song che avrebbe voluto scrivere
Lowell George ma probabilmente sarebbe meglio descriverla come una moderna danza
per camionisti nostalgici di Truckin. Jefferson Army
è roba da Hight Asbury, psichedelia pura, poesia e dolcezza che avvolgono un caleidoscopio
melodico di suoni retrò. Best Friend In Town
è il secondo hit single del disco, perfettamente in stile Mother Hips, orecchiabile
e acida. Creation Smile è roba seria, roba
lisergica, una cavalcata alla Crazy Horse (impressionante il ricordo di Down By
The River), bellissima ballad, intrigante e aperta a giochi di improvvisazione
, da lacrime. Shape the Bell non cambia stile,
inizio pigro e ascesa rapida delle chitarre sostenute dal cantato melodioso e
fiero in pieno stile Seattle. La song che dà il titolo all'album,
Behind Beyhond, è un affresco californiano, soleggiato tramonto
in adorazione delle onde del pacifico, leggera brezza sui capelli e accordi di
chitarra che abbracciano una lenta ballata dal profumo inconfondibile: il profumo
dei classici. Rose of Rainbows, acid rock
in quattro quarti, ci avvicina alla chiusura, che si completa con Song
For JB, bellissima ballata evocativa delle atmosfere dei Flying Burrito
Bros, con sfoggio di un grande arrangiamento country rock. Non riesco ad essere
imparziale con i Mother Hips. Questo è forse il loro più bel disco, e non era
facile dopo il successo dei precedenti. A noi goderne: imprescindibile, punto.