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Hometown USA di
Nicola Gervasini (01/07/2013)
Avete
ancora voglia di leggere un disco? E qui magari qualcuno già sorride e si ricorda
di quando il prode Frank Zappa ci prendeva in giro dicendo che scrivere di musica
è come ballare di architettura. Figuriamoci cosa si sarebbe inventato davanti
all'espressione "leggere un disco". Ma se molti dei suoi album si potevano anche
pensare come una serie di sketches da cabaret, allora Still Fighting The
War di Slaid Cleaves lo possiamo tranquillamente mettere alla voce
"libri di racconti". Da sfogliare, ancora più che da ascoltare, alla sera, e magari
nel letto e non davanti ad un computer pieno di squallidi mp3 o quel diavolo che
vi ritrovate sul desktop. Tra i mille ascolti della nuova era "Spotify per tutti",
avete ancora il tempo di chiedervi cosa mai porta un autore a scrivere una certa
canzone e a scervellarsi per mettere insieme le rime giuste per arrivare ad un
risultato pressoché perfetto? Già, perché le canzoni di Slaid Cleaves perfette
lo sono veramente. E lo sono sempre un po' state, fin dal 1990 (penso solo alla
straordinaria Hard To Believe sul precedente Everything
You Love Will Be Taken Away), ma a questo giro lo sono ancora di più.
Sarà forse perché il produttore Scrappy Jud Newcomb (era la sei corde
dei Loose Diamonds, ve li ricordate vero?) ha saputo cucirgli addosso un suono
rootsy e elettrico, pulito e senza colpi di testa, molto meglio del suo predecessore
Gurf Morlix. O sarà che Still Fighting The War è forse lo strumento migliore per
ricordarci la grandezza di un autore che ci dimentichiamo spesso, forse per colpa
del suo stile dimesso e di una vocalità che - ahinoi e hailui - stenta sempre
un po' a lasciare il segno. Ma stavolta, se lui con i mezzi naturali fa quel che
può, ci pensano i brani a dare valore aggiunto, a partire dalla title-track, sorta
di versione aggiornata della Sam Stone di John Prine (suo indiscutibile maestro
d'arte), con la voce di Jimmy LaFave a sottolineare una storia di reduci
di una guerra fantasma come quella che si combatte a Fallujah. E poi le pene d'amore
della soul-ballad (con sezione fiati) Without Her,
l'impietosa descrizione (ma con lieto fine romantico) dell'ennesima attricetta
fallita di Hometown USA, i ricordi dei primi
teneri amori di infanzia di Gone (un dodicenne
si invaghisce di una vicina di casa di soli nove anni immaginandosi un grande
amore), quelli del padre saldatore di Welding Burns
("Mio padre ha costruito il suo mondo su ossa, muscoli, sangue e bruciature da
saldatura"). Il tutto sempre con quel tocco un po' cinematografico nel raccontare
anche una semplice conversazione telefonica (I Bet She Does) o descrivere
la forza di volontà di una donna (Whim Of Iron).
Slaid stavolta riesce a non cadere troppo nel manierismo anche quando
si fa produrre da Lloyd Maines lo scherzoso swing alla Lyle Lovett di Texas
Love Song o la country-song God's Own Yodeler,
o nella cadenzata riflessione religiosa di Go For The Gold. Per il resto
c'è solo l'imbarazzo della scelta per trovare i brani migliori, se la tesa In
The Rain (con Eliza Gilkyson) o la storia dei due sfasciacarrozze del
paese di Rust Belt Fields ("Nessuno ti darà
mai un premio per le nocche sanguinanti e le cicatrici, perché nessuno si ricorderà
mai il tuo nome solo perché hai lavorato duramente"). Chiudete il libro…ooops…volevo
dire spegnete il lettore, solo dopo esservi assicurati un ascolto notturno della
conclusiva Voice Of Midnight, e soprattutto
dopo aver gustato tutto Still Fighting The War libretto alla mano e non con un
fugace ascolto in streaming: solo così capirete perché non è quel solito bolso
e risaputo prodotto di cantautorato americano che vi state già aspettando.