[Home]
 
 
Condividi
 
 

Israel Nash
Ozarker
[Loose music/ Goodfellas 2023]

Sulla rete: israelnash.com

File Under: midwestern heartland rocker


di Fabio Cerbone (24/10/2023)

Non è nuovo a cambi repentini Israel Nash, o meglio, dal suo punto di vista artistico, a evoluzioni sonore che ne mettano alla prova il songwriting, ma la svolta di Ozarker sorprenderà non poco chi ne aveva apprezzato i toni psichedelici e le escursioni “dark soul” dei precedenti album, in particolare in Topaz, forse l’opera che lo aveva definitivamente imposto alle attenzioni del pubblico americano, dopo un decennio di culto passato soprattutto ad acquisire sostenitori sui palchi della vecchia Europa.

Originario del Missouri, sbocciato come autore a New York, maturato come musicista in Texas, dove da qualche anno si è stabilito in un ranch isolato a Dripping Springs, costruendosi un personale studio di registrazone, Israel Nash ha deciso che era tempo di fare ritorno alla casa natale, di riscoprire insomma l’educazione sentimentale e le radici famigliari nel profondo Midwest, e di conseguenza di farsi rapire da una scrittura musicale che riprendesse in mano i fondamentali. Ozarker, con l’esplicito riferimento all’estesa regione delle Ozark Mountains e alla natura dei suoi abitanti, è in tal senso una scelta di campo netta, dieci ballate elettriche carburate sui tempi medi di un pirotecnico heartland rock, si sarebbe detto una volta, che Israel ammette esplicitamente di avere mutuato dalla lezione di Bruce Springsteen, Tom Petty e Bob Seger, sebbene, aggiungiamo noi, quelli dell’età di mezzo, calati negli anni Ottanta delle produzioni più caricate di enfasi e di un inconfondibile “big drum sound”.

C’è quel tappeto di tastiere in Can’t Stop ad annunciare il nuovo corso: sembra di assistere all’inedito singolo dei War on Drugs, mentre le chitarre si caricano di riverberi e la musica gonfia il petto. Roman Candle segue la sceneggiatura e la stessa Ozarker, canzone ispirata alla storia del bisnonno migrante nel Missouri, ne amplifica il gesto, con l’entrata di un coro un po’ fuori misura che la conduce negli stadi, rincarando la dose nell’incalzante arrangiamento da retorica rock di Going Back. Concettualmente, e non solo, non cadiamo molto distanti da quanto emerso nel lavoro di Adam Granduciel e della sua fortunata band (i citati War on Drugs), così come dalle idee sonore riportate in superficie dal Ryan Adams - da sempre un'ombra alle spalle di Israel - dell’omonimo album del 2014 o da Prisoner: l’incontro fra rock americano da strada maestra, pulsioni mainstream e solide basi americana offre così la sintesi di Pieces e Lost in America, mentre Firedance ci ricorda che Israel Nash è pur sempre un figlio illegittimo di Neil Young.

La sfida non facile di Israel sta nel cercare un equilibrio tra estetica del suono e profondità della canzone, incalzato in tutto ciò dalla produzione “esagerata” di Kevin Ratterman, già al lavoro con My Morning Jacket, Ray LaMontagne e Madrugada: così la voce lacerata e potente di Israel in questa occasione sembra immolarsi per la causa delle chitarre e delle batterie “larger than life”, come le definisce la presentazione ufficiale dell’etichetta, mentre i sintetizzatori grondano tutto intorno e Ozarker finisce probabilmente per trovare la sua dimensione migliore quando la scaletta volge al termine, nel dittico costituito da Travel On e da una Shadowland che, scevra dagli eccessi dell’incisione, rimane uno dei migliori esempi di classic rock americano ascoltati nel 2023.


    



<Credits>