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Kevin Morby
This is a Photograph
[Dead Oceans/ Goodfellas 2022]

Sulla rete: kevinmorby.com

File Under: american soul journey


di Domenico Grio (01/06/2022)

Kevin Morby è uno a cui piace mescolare le carte e se per qualcuno ciò può rappresentare il sintomo di uno stato confusionale, destinato pian piano a farlo sbandare dal proprio percorso identitario e a sottrargli ispirazione e credibilità, per altri, tra i quali ci mettiamo agevolmente noi, questi umori mutevoli ne accentuano piuttosto le capacità critiche e lo spingono verso una naturale e brillante evoluzione stilistica. Del resto nessuna forma d’arte può sopravvivere su presupposti di staticità e di isolamento, ma deve nutrirsi del quotidiano ed essere pronta a favorire ogni mutazione suggerita dall’istinto e dalla sensibilità dei suoi interpreti.

Kevin negli ultimi due anni, oltre a dover fare i conti, come tutti, con la pandemia, ha avuto modo di toccare con mano la fragilità della condizione umana a causa dell’improvviso malore che ha colpito il padre durante una cena. Ed è stata proprio quella stessa sera che, sfogliando degli album con le foto di famiglia, sarebbero maturate le riflessioni sull’inesorabile incedere del tempo, sui legami affettivi, sulla nostalgia, sul dolore, sulla morte, dalle quali avrebbero poi tratto forma i dieci brani di questo This Is a Photograph, settimo album in studio del giovane musicista texano. Diciamolo subito, si tratta di una prova discografica maiuscola, potente, spirituale, autentica, concepita come un unicum per tradurre in musica, in maniera fluida, frammenti di ricordi sopiti, impressi su quelle vecchie pellicole. Un’opera rock di grande respiro, in cui si amplia lo spettro delle emozioni e in cui, accanto alle già consumate citazioni dei classici della musica d’autore americana e ai già sperimentati riverberi psichedelici, trova spazio un roots-rock pulsante e pluricromatico, sapientemente intriso di soul e country.

Non è un caso, infatti, che tutto si sviluppi a margine di un viaggio a Memphis, compiuto da Kevin per rendere omaggio ad alcuni dei suoi eroi musicali d a seguito del quale lo stesso ha finito per farsi travolgere dalla magia del sud, dal potere oscuro delle acque del Mississippi, freddo sepolcro dello spirito dell’amato Jeff Buckley (la splendida ed evocativa A Coat of Butterflies è dedicata proprio a lui), dal luccicante ed imperituro mito di Elvis e dalla forza evocativa del Peabody Hotel e del Sam C. Phillips Recording Studio, dove peraltro si sono svolte le ultime session dal vivo del progetto, curate da Jerry Phillips (per la cronaca, figlio di Sam).

L’inizio dell’album, affidato al pezzo che dà il titolo al lavoro, è folgorante. Profuma di mainstream, di tradizione rurale ma disvela coerenti accenti metropolitani, il tutto esaltato da un’elaborazione sonora di sicuro impatto, particolarmente attenta alle dinamiche ed al flusso impetuoso delle liriche. Tre minuti e mezzo in cui Kevin rifà le presentazioni e ci fornisce una nuova versione inclusiva del suo formulario di americana black & white. Ed è su questa linea che si snoda l’intero disco, la cui essenza è racchiusa nel viatico appena intrapreso e nell’esplorazione dei luoghi dell’anima, privilegiando a volte la matrice country-folk (Bittersweet, TN e Goodbye To Good Times), a volte la vena blues-soul (Disappearing e It’s Over), a volte l’attitudine pop-rock (A Random Act of Kindness), a volte assecondando l’istinto rock’n’roll (Rock Bottom, tributo al defunto Jay Reatard) o la tentazione di riposizionarsi sul versante cantautorale (Five Easy Pieces e Stop Before I Cry). Tutti brani di una bellezza scintillante che citano il meglio del patrimonio musicale passato e presente, da Lou Reed a John Lennon, da Otis Redding a Michael Kiwanuka, da Dylan ai Primal Scream, dagli Stones a Hiss Golden Messenger.

Episodi che scivolano fluenti, magnetici, imprescindibili, avvolti da un senso di circolarità che rafforza l’unitarietà delle trame, valorizzati appieno dall’elegante gusto orchestrale di Sam Cohen, a cui sono affidate la produzione dell’album e le parti di basso e dalla collaborazione di ottimi musicisti, tra i quali vanno ricordati Nick Kinsey (batteria), Oliver Hill (pianoforte), Cochemea Gastelum (sassofono), Jared Samuel (organo) e Alecia Chakour (voce e tamburello), oltre alla madre di Kevin e alla sorella Charlotte (archi). This is a Photograph è Kevin Morby ad un livello superiore, al meglio delle proprie potenzialità, da scegliere, godere, acquisire e conservare con estrema cura.


    


<Credits>