Dei canadesi ultimamente
ci fidiamo sulla parola (forse lo abbiamo sempre fatto...), a maggior
ragione di Jerry Leger, che ci aveva stupito positivamente nel
2019 grazie all’arruffato folk rock di ispirazione stradaiola in Time
Out for Tomorrow. Visti gli apprezzamenti ottenuti anche dalla
stampa europea, e inglese in particolar modo, etichetta e produzione non
cambiano neppure in occasione di questo Nothing Pressing,
che esce ancora per il marchio Latent recordings, la casa discografica
personale dei Cowboy Junkies, e con la regia musicale curata da Michael
Timmins in persona, già all’opera nel precedente.
Garanzia di qualità e di “debolezza” per certe sonorità, il connubio porta
a casa undici tracce che si mettono a vagabondare tra momenti acustici
da folksinger riflessivo e tradizionalista e piccole esplosioni elettriche
da rocker urbano, seguendo la stella polare di Bob Dylan e Neil Young.
Ci sono i loro spiriti guida tra le note di un disco che non stravolge
nulla delle regole del buon songwriter cresciuto tra poesia e rock’n’roll,
ma se di recente vi è piaciuto il gesto di Daniel Romano, altro canadese
in libera uscita, troverete spunti a sufficienza per seguire anche parole
e chitarre di Jerry Leger, sebbene il suo stile ricordi soprattutto i
colori vintage e “dylaniani” del britannico Pete Molinari. Leger si è
ripreso il suo tempo, come tanti, dopo due anni di pandemia che lo hanno
visto arrangiarsi prima con un album casalingo (Songs from the Apartment,
2020), quindi con una raccolta di poemetti, prima di rimettere insieme
i pezzi di diverse registrazioni.
L’inaspettata scelta di aprire in tono dimesso e acustico con la title
track, chitarra (Jerry Leger) e ukulele (Michael Timmins), così come l’intima
confessione di Still Patience e il finale da autentico hobo di
Protector, arrivano tutte dallo stesso raccolto domestico del citato
Songs from the Apartment, mentre il resto richiama in servizio
la band che lo accompagna da anni, The Situation (Kyle Sullivan alla batteria
e Dan Mock al basso), ci aggiunge la seconda voce femminile di Angie Hilts
e prova a rotolare sulla strada, con l’immediatezza folk rock di Kill
it With Kindness e il country rock pencolante e intimamente
“younghiano” di Recluse Revisions.
Canzoni personali che indagano morte e rinascenza, senso di perdita e
gratitudine per la vita, influenzate dalla scomparsa di un caro amico
e collaboratore, nell’insieme Nothing Pressing si svela come un
disco meno coinvolgente ed esplosivo del celebrato Time Out for Tomorrow,
segue un po’ gli umori altalenanti di queste stagioni pensierose che stiamo
vivendo (l’acido folk di Underground Blues, oppure Sinking In),
ma riesce sempre a trovare la via più diretta e semplice per far brillare
melodie e chitarre, con quelle colorazioni sixties che appartengono di
diritto alla scrittura musicale di Leger (With Only You), l’amato
Bob Dylan nascosto in ogni anfratto, anche in versione campagnola (A
Page Tou’ve Turned) e lo spumeggiare del più classico rock’n’roll,
qui testimoniato da Have You Ever Been Happy,
il momento più brillante della raccolta.