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Jerry Joseph and The Stiff Boys
Tick
[Dial Back Sound 2022]

Sulla rete: jerryjosephtick.bandcamp.com

File Under: outtakes & live tracks


di Domenico Grio (17/12/2022)

Ci ha messo letteralmente una vita Jerry Joseph a ritagliarsi il suo posticino al sole. Una giovinezza trascorsa a combattere la propria irrequietudine, a “disciplinare” il suo spirito anarchico, a disegnare ed attuare una strategia di fuga atta ad assecondare il suo talento musicale. Un lunghissimo viaggio che, dalla natia California, lo ha portato in ogni angolo del pianeta, mettendolo in contatto con musicisti di straordinario livello (Vic Chessnut, Chuck Leavell, Randall Bramblett, David Lindley, Dave Schools, solo per citarne qualcuno), dei quali si è guadagnato negli anni la massima stima e mettendo a punto, sotto diverse sigle, una tanto corposa quanto interessante produzione discografica. A fronte di tutto ciò però, senza girarci troppo intorno, non ci fosse stato l’incontro con Patterson Hood, probabilmente avrebbe continuato, alla tenera età di 61 anni, a rimanere uno dei migliori semi-sconosciuti musicisti della scena Americana.

Sulla scia del precedente The Beautiful Madness, questo Tick raccoglie il materiale avanzato dal precedente progetto e consegna qualche versione live dei brani già editi. Gli Stiff Boys altri non sono che i Drive-By Truckers, già coinvolti nel tour promozionale dell’album del 2020. Insomma, il piano sembra essere quello di cavalcare l’onda lunga generata dall’ultimo sforzo discografico. Ovviamente il meno che ci si possa attendere in casi simili, è quello di ritrovarsi tra le mani del materiale di scarto, disomogeneo e neppure troppo curato, roba presumibilmente di pertinenza esclusiva di fans ed affini. Tutto corretto, tutto prevedibile non fosse che i cinque pezzi inediti, a cominciare dalla minimale title track, possono sembrare tante cose, meno che dei bozzetti strampalati, ricomposti alla meno peggio.

Una canzone come Sometimes a Great Nation sarà anche una demo ma suona alla grande ed ha forza degli anthem, così come South of South che, manco a dirlo, profuma deliziosamente di sud e si spinge in un progressivo effluvio di elettricità e parole. E se The Mountain suona un po' banale, penalizzata da arrangiamenti enfatici e freddini, Quiet è una ballata riflessiva che arriva al traguardo senza perdere in intensità, perfetta introduzione della seconda parte della raccolta, riservata agli estratti live dal Dial Black Sound Recording Studio di Matt Patton in Mississippi e da quello casalingo di Stephen Drizos (Jackmormons), si passa così al palco del 40 Watt Club di Athens, messo a ferro a fuoco da Jerry e dalla band di Patterson.

Dal vivo i due fanno faville, le loro chitarre spadroneggiano anche se è la voce debordante del frontman a sparare ad altezza uomo. Cosa dire, un concentrato di roots rock stradaiolo senza fronzoli, diretto, saturo e fortemente energizzante, che si contrappone all’altra anima del disco, come già visto, meno selvaggia, più sobria, quasi accademica. Belle entrambe, tra di loro funzionali e complementari, due facce, dai riflessi alternati, sostanzialmente della stessa medaglia. Certo, non c’è e non può esserci una linea univoca ma, tutto sommato, ciò non può annoverarsi tra i difetti dell’album, almeno non quanto l’assenza di una valida ricerca sonora. Vizio questo che investe le tracce in studio ma di cui, al contrario, non sono certo affetti i pezzi del vivo, ruvidi, coerenti ed essenziali come da protocollo, indiscutibili paradigmi della maturità artistica raggiunta da questo ennesimo valoroso interprete dei più autentici valori della provincia americana.


    



<Credits>