Michael Chapman
True North
[
Paradise of Bachelors/ Goodfellas
2019]

paradiseofbachelors.com

File Under: misty folk

di Fabio Cerbone (12/02/2019)

Un senso di fatalismo, attraversato da continui richiami al passaggio del tempo e alla mortalità, pervade buona parte delle composizioni riunite in True North, secondo capitolo del “ritorno sulle scene” di Michael Chapman. Il folksinger inglese, settantotto anni compiuti da poche settimane, in verità non si era mai defilato, semmai impegnato in un oscuro lavoro di ricerca sullo strumento (chitarra) e sulla scrittura di album ingiustamente dimenticati o più semplicemente "non allineati" allo spirito dei tempi, fino a quando l’americana Paradise of Bachelors e soprattutto la figura di Steve Gunn, suo ammiratore e discepolo, hanno rimesso sotto i riflettori della stampa internazionale e del pubblico le qualità tecniche e di autore di Chapman.

Il precedente 50 rappresentava una chiara celebrazione-evento della sua lunga carriera, tante erano le stagioni sulla strada, recuperando vecchio materiale rimesso a nuovo e qualche inedito, e sullo stesso solco sembra insistere True North, che tuttavia aumenta l’importanza degli episodi originali (quattro in tutto, con l’apripista It’s Too Late, lo strumentale Eleuthera, Bluesman e Truck Song), aggiungendovi quindi una manciata di chicche sparse dal vasto catalogo (tra le altre Youth Is Wasted on the Young, in passato incisa con Thurston Moore e Jim O’Rourke per un’oscura raccolta). Ciò che unisce e adatta ogni singolo episodio è proprio l’intensità scura e minimalista della musica, di pari passo con la voce grezza di Chapman, che non è certo un miracolo di equilibri, eppure restituisce tutta la profondità delle immagini evocate da queste ballad.

Un folk rock ombroso e mistico, dove gli arpeggi acustici del maestro Chapman, così come la sua scrittura più scarna e diretta (nelle solitarie Vanity & Pride e Bon Ton Roolay, quest’ultima accentuata da un’andatura country) sono accompagnati dai contrappunti dell’elettrica di Steve Gunn (che ha curato la prouzione del disco in uno studio del Galles più rurale), dal violoncello di Sarah Smout e dalla pedal steel di una piccola leggenda come BJ Cole, tutti concentrati su un compito di sottrazione, suggerendo una musica che avanza per visioni, colonna sonora degli stati d’animo del protagonista. Il quale si mette letteralmente a nudo nei dolcissimi languori dell’eterea After All this Pride e nell’intreccio impressionistico di suoni e parole di Full Bottle, Empty Heart, entrambe in duetto con l’ospite Bridget St. John, altra creatura della stagione d’oro del brit folk, trascurata nelle anticamere degli anni settanta.

Eleuthera
(dal nome di un’isola delle Bahamas dove Chapman ha trascorso diversi momenti di riposo) e Caddo Lake (luogo di confine fra Texas e Lousiana) sono i due brani strumentali che dipingono ulteriori paesaggi sonori, tutt’uno con il procedere emozionale, introspettivo della citata Truck Song e di Hell to Pay... This could be heaven, but there’d be hell to pay, si confida apertamente Michael Chapman nell’episodio in questione, accrescendo quella percezione di assoluta austerità che si instilla nelle canzoni di True North.


    


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