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mother's natural songs di
Fabio Cerbone (29/01/2018)
Nobile
nel ritratto di copertina Alela Diane mostra senza indugi la sua nuova
condizione di donna e soprattutto di madre, un riflesso dei contenuti che Cusp
andrà a svelare nel suo svolgimento. È il disco più maturo e forse più affascinante
della cantautrice rivelatasi una decina di anni fa grazie a The Pirate's Gospel.
Cusp è un lavoro composto e suonato per buona parte al piano (dopo un incidente
alla mano che l'ha sostretta a rinunciare per qualche mese alla chitarra), che
pare avere giovato all'austera eleganza di queste ballate, rendendole classiche
al primo istante. Cusp, ovvero la cuspide a cui tutto ricollega Alela Diane è
quella particolare condizione tra vita e morte, fra passato e presente della propria
vita nella quale si è trovata suo malgrado dopo avere dato alla luce con gravi
complicazioni la secondogenita.
È dunque un album sulla maternità e più
in generale sul ruolo di madre e di attaccamento agli affetti che ne derivano:
se About Farewell
(2013) testimoniava la fine del rapporto con l'ex marito e musicista Tom Bevitori,
membro degli stessi Wild Divine con cui Alela incise l'omonimo disco del 2011,
oggi Cusp è un affare ancora più personale, un resoconto familiare che pone l'accento
sulle mancanze, i desideri, i legami che si creano fra madre e figlia all'interno
di un percorso artistico che spesso trascina Alela Diane lontana da casa, per
un tour o la stessa incisione di un album. Concepito nella solitudine dei boshi
dell'Oregon, dove la Diane risiede da anni, e registrato a Portland con la partecipazione
di numerosi musicisti di area indie folk come Ryan Francesconi (Joanna Newsom),
Rob Burger (Iron & Wine) Luke Ydstie (Blind Pilot) e Daniel Hunt (Neko Case),
il disco procede placido nelle sue melodie, dalla raffinata grazia di Albatross
in apertura, fra lembi leggeri di piano e archi, al folk bucolico con tanto di
flauto della dolcissima Threshold, che insieme alla successiva Moves
Us Blind, dal suono avvolgente e full band, forma un sorta di trittico
sull'idea del movimento e del passaggio del tempo.
Più intrinsecamente
legate al tema centrale del disco sono la toccante disamina di Emigré,
racconto della tragica condizione delle madri dei riugiati e di ogni bambino migrante,
mentre Never Easy pone sotto la lente di ingrandimento del songwriting
di Alela Diane il rapporto con la sua stessa madre e infine la profonda Song
for Sandy evoca la figura di Sandy Denny (Fairport Convention) e la
sua drammatica scomparsa (a soli trent'anni), manifestando affetto per la figlia
rimasta orfana. Argomenti densi, una maturità nei testi che può lasciare quasi
spiazzati e intimoriti, ma Alela Diane li affronta con una classe sopraffina,
mantenendo la bussola di un suono coerente: è una forma adulta e delicata di folk
pop quella intrapresa in Cusp, che chiede tempo e disposizione d'animo
all'ascoltatore e soltanto allora svelerà tutta la bellezza delle melodie di Ether
& Wood e So Tired, così come del canto stesso di Alela Diane
e delle semplici, limpide figure ricavate al pianoforte.