La
nostalgia è sempre stata un codice stilistico importante nel discorso musicale
di Will Sheff, una sorta di confessionale dove sfogare tutti i ricordi privati
e le malinconie dell'autore, per tramutarle infine in canzoni ricche di suggestioni.
Questo flusso di coscienza continuo, che ha visto picchi e persino derive negli
ultimi due lavori di studio della band, I Am Very Far, l'album della svolta o
del tradimento per i fan della prima ora, e il più equilibrato (e in parte incompreso
da pubblico e critica internazionale) The
Silver Gymnasium, oggi si trasforma in una vera e propria elegia per
gli Okkervil River, un disco che ne sancisce in qualche modo la morte,
per celebrarne una nuova vita. Il primo brano è espilicito, Okkervil
River R.I.P., titolo che sottolinea un lungo periodo di assenza in
cui il gruppo si è dissolto strada facendo, restando sostanzialmete nelle mani
e nella mente del solo Will Sheff, oggi attorniato da nuove collaborazioni, che
hanno più il sapore di contributi esterni.
Ha tolto la maschera Will,
da sempre il factotum d questo progetto, ma in fondo legato a un concetto comunitario
di songwriting. Away, e anche l'intestazione del disco non mente,
è un distacco in vista di una rinascita, una ripartenza, che egli stesso definisce
lontana dalla scrittura rock degli inizi: registrato a Long Island, New York e
in parte concepito durante un periodo di ritiro "spirituale" fra le vette delle
Catskill Mountains, a nord dello stato, raccoglie musicisti di area indie rock,
classica e jazz, l'avanguardia dell'ensemble yMusic e l'anima d'autore dello stesso
Sheff, dando respiro a ballate estese e orchestrate, dove profumi bucolici intrecciano
l'acustico folk con dolci melodie pop e spunti classicheggianti: da qui i due
gioielli della raccolta, Call Yourself Renee
e Days Spent Floating (in the Halfbetween).
Ma è l'intero Away ad essere armonioso e trascinato dentro lo "stream of consciusness"
di Will Sheff: gli svolazzi degli archi in Judey on the Street, la scandita
nenia folk, con elementi brit-folk nell'arrangiamento per flauto e chitarra, di
She Would Look for Me, fino alla più esemplare "esplosione" alla Okkervil
River (ricorda i vecchi termpi dell'amato Down the River of Golden Dreams) di
Frontman in Heaven.
La celebrazione
di Away è imbastita su una serie di perdite e riconquiste: in primo luogo gli
Okkervil River, come si diceva, ma anche la scomparsa dell'amato nonno di Sheff,
qui evocata con compassione in Comes Indiana Through
the Smoke, ballata che blandisce con un tenero tappeto di fiati, e
il distacco dal mondo controverso del music business stesso, riletto oggi con
più disincanto attraverso The Industry, forse
l'episodio più sfacciatamente pop rock del disco. Il quale resta a tratti verboso,
letteralmente invaso dalle liriche di Sheff, che debordano nella corrente, e senza
dubbio meno deflagrante e ricco a livello musicale rispetto ai predecessori, ma
conserva ancora intatto quel trasporto emotivo per cui gli Okkervil River sono
stati apprezzati negli anni.