Chris Stapleton
Traveller
[Mercury Nashville/
Universal
2015]

www.chrisstapleton.com

File Under: country got soul

di Fabio Cerbone (02/06/2015)

The singer not the song si diceva un tempo. Oppure no: è esattamente il contrario. Fate vostro l'adagio che preferite, tanto pare che Chris Stapleton possieda entrambe le carte vincenti. Una cosa è certa, il suo esordio Traveller è la smentita più clamorosa per quelli che hanno sempre pensato che in fondo a Nashville i talenti più che farli sbocciare, li rovinino a suon di smancerie. Il fatto è che qui dobbiamo tornare a un'altra Nashville, a quella dei ribelli e dei fuorilegge che all'alba dei Settanta riusciva a mediare fra industria e ispirazione, fra gesto artistico e immaginario americano. Stapleton è proprio il compromesso giusto per mettere d'accordo conservatori e progressisti della country music, tradizionalisti e alternativi, un po' come accaduto in anni recenti con figure quali Jamey Johnson e Sturgill Simpson. Del primo Stapleton ricorda da vicino lo stile tra fragranze southern e ruggiti outlaw, oltre a una carriera sviluppata dentro il business musicale, del secondo riprende un suono più asciutto e vintage, ma soprattutto ne condivide il produttore, quel Dave Cobb che ha messo mano alla regia di Traveller, confermandosi Re Mida del genere.

Fuori dalle coincidenze e dai paragoni, Chris Stapleton possiede poi un suo gesto, del tutto personale, che non assomiglia a nessuno dei colleghi citati: è persino impossibile definire questo debutto come un album di country ortodosso. Qui semmai cadiamo nel campo del canone sudista, una musica tra radici bianche e nere imbevuta di southern soul e country rock da banditi, di umori gospel e ballate da bivacco, dove la voce, ecco che torniamo al "singer" di partenza, non è affatto una nota a piè di pagina. Lo si intuisce già nella title track che fa da apripista, un dolce sobbalzare tra steel guitar e grandi spazi americani che rivive l'ennesimo viaggio sulla strada, in duetto con la moglie Morgane. È lei, si dice, ad avere spinto Chris verso le sue radici musicali, un viaggio dall'Arizona al Tennessee per esorcizzare la morte del padre e riprendersi la sua vita. Dopo anni in cui Stapleton ha scritto hit milionarie per Kenny Chesney, George Strait e Darius Rucker (...una compagnia che parla del country formato pop e sbiancato a dovere), per nostra grazia i soldi delle royalties li ha spesi per registrare nei leggendari studi della RCA, garantendosi Robby Turner (Waylon Jennings band) alla pedal steel e Mickey Raphael (Willie Nelson) all'armonica, nomi da affiancare a un piccolo combo che suona live e avvolgente.

Sono le timbriche stesse di Traveller a trasmettere questa ambientazione da autentico southern feeling: che sia un lentaccio ad effetto quale Fire Away o una strepitosa riedizione di Tennessee Whiskey (successo per George Jones), la musica di Stapleton è intrisa di "sweet soul music" e la sua vocalità passionale è la differenza tra qualsiasi troubadour e un interprete che sa manovrare con destrezza l'intensità del suo songwriting. L'epica di Parachute, il tenero walzer acustico di More of You e l'outlaw country classico di Nobody to Blame ci parlano stando dentro il recinto della tradizione nashvilliana, certo, ma è il canto di Stapleton a non renderle del tutto allineate, a mostrale nuove pur nella loro classicità. E chi se ne importa dei luoghi comuni, che sa ancora di demoni e sconfitte: Whiskey and You è una confessione che parla dall'anima con i toni di una ballata folk diretta, Daddy Doesn't Pray Anymore è puro Willie Nelson (compresa l'armonica dell'ospite Raphael) e The Devil Named Music il matrimonio country soul perfetto.

Poi, come un crescendo, arriva a sorpresa l'uno-due finale e siamo ko: Outlaw State of Mind è tutto un programma, affonda il coltello e satura le chitarre, scivolando in un finale southern rock dalle movenze un po' sinistre, mentre Sometimes I Cry, aggiunta all'ultimo e registrata dal vivo con il calore di un pubblico selezionato, è l'apoteosi del Chris Stapleton interprete soul, modulazioni da parossismo degne di un jam infuocata ai Fame studios…e così abbiamo unito i punti di una strada ideale, che da Nashville arriva in Alabama passando per Memphis.


    


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