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…and his Large Band di
Nicola Gervasini (04/11/2014)
Apriamo
qui una discussione tra fans di Neil Young, quali penso tutti in qualche
misura siamo da sempre. Partendo da una provocazione: Storytone
non sarà mai ricordato come uno dei grandi dischi di Neil, ma è probabilmente
il suo sforzo più interessante (che non vuol dire necessariamente il migliore)
dai tempi di Mirrorball. E qui immagino la levata di scudi degli hard-fans che
ancora devono scrollarsi di dosso i pomposi arrangiamenti del cd orchestrale di
questa nuova fatica, e magari non vedono l'ora di tornare a scuotere la testa
e i pochi capelli rimasti a tutti noi over-40 sulla sbornia elettrica di Psychedelic
Pill. Eppure Storytone, magari da prendersi nella versione deluxe con
in più le versioni demo dei nuovi pezzi, conferma che dopo il grande sonno creativo
degli anni zero, in cui Young non ha mai rischiato e ha prodotto una serie di
album "alla Neil Young", i suoi anni dieci sono tornati ad essere coraggiosi.
Nel bene e nel male è tornato a fare cose irricevibili (A Letter Home è riuscito
pure a far rivalutare Landing On Water), ad azzardare spinose collaborazioni (Le
Noise), si toglie sfizi personali (Americana), pur continuando a ritrovare i soliti
vecchi amici per le solite cavalcate rock (Psychedelic Pill).
Ma solo
Storytone ha il grande merito di essere davvero un disco nuovo nella sua discografia.
Non che non si fosse già cimentato in un duello con un orchestra (basta pensare
anche solo a There's a Word e A Man Needs A Maid su Harvest), ma qui Young ha
sapientemente deciso di provare tutte le possibilità stilistiche offerte dalla
presenza di una big band di ben 92 elementi, e scusate se abbiamo dimenticato
qualcuno nel conto. Con risultati per forza di cose alterni, sorprendenti, spiazzanti,
indigesti o esaltanti a seconda del vostro gusto personale. Ma quello che è importante
è che il disco è vivo, le canzoni sono quelle giuste, e per gustarne appieno la
buona finitura è importante procurarsi anche le raw-versions, forti di interpretazioni
curate e sentite che fanno dimenticare la fastidiosa sciatteria di A Letter Home.
Il vero Storytone, quello arrangiato, offre comunque spunti di gran valore: se
Plastic Flowers con il suo piano è brano
già sentito (proprio in Sleeps With Angels c'erano due episodi simili), la tensione
da colonna sonora da thriller-movie del singolo Who's
Gonna Stand Up? funziona bene, così come il blues elettrico tutto grandi
fiati di I Want To Drive My Car o il numero
swing alla Frank Sinatra di Say Hello To Chicago.
A voi poi scegliere
se accettare i melò solo archi di Glimmer o Tumbleweed, se il fatto
che Like You Used To Do riporti alla mente
i tempi di This Note's For You sia un fatto positivo o meno (il disco è prodotto
dallo stesso team di allora, i Volume Dealers, che poi sarebbero lui e Niko Bolas),
se è opportuno che lui con la sua voce si lanci nelle melodie ardite di I'm
Glad I Found You. Notate invece che quando il nostro torna alla sua tipica
ballata acustica, sofferta e sussurrata, sa ancora toccare le corde giuste (When
I Watch You Sleeping e All These Dreams). Siamo d'accordo dunque,
non sarà il suo capolavoro, ma a quasi settant'anni suonati quest'uomo ha saputo
ancora sorprendermi con un buon prodotto e non con una inutile e dannosa provocazione
come A Letter Home. E, in cuor mio, ammetto che da lui non me lo aspettavo più.