[Home] | ||
|
Autori
Vari
Accade di trovarsi davanti ad opere
che hanno un doppio valore, uno storico e, potremmo dire, "filologico", l'altro
puramente estetico. Rogue's Gallery, album interamente dedicato
alle canzoni della pirateria, è un'operazione che necessita entrambe le chiavi
di lettura, la prima più oggettiva, la seconda per forza di cose più legata alla
soggettività (con buona pace della cultura greca classica che vedeva l'estetica
come un valore oggettivo…). Approfittando dell'imponente operazione marketing
seguita alla distribuzione dei film I Pirati dei Carabi con Johnny Depp, il produttore
Hal Willner ha assemblato una raccolta di 75 canzoni da marinai che rappresentano
un corpus completo ed esauriente del genere. Willner per queste operazioni è una
specie di garanzia: a lui dobbiamo alcuni dei tribute-album più intelligenti e
meno inutili della storia, come Lost in the Stars: The Music of Kurt Weill (1986)
per ricordare il più noto. In questo caso il suo più grande merito è quello di
aver raccolto in un unica opera una serie di canzoni che afferiscono ad una tradizione
finora poco rivisitata dal mondo del rock (folk inglese escluso), e per questo
ci porta in casa materiale che in gran parte manca nelle nostre personali discografie.
Se sotto l'aspetto "enciclopedico" l'opera sarebbe quindi da quattro stellette,
altra storia purtroppo è la sua fruibilità, in quanto il gran numero di canzoni
(molto spesso prolisse) e l'errore di aver fatto registrare agli artisti coinvolti
più di un brano fa sì che l'ascolto risulti a volte faticoso. Sarebbe stato meglio
forse programmare un volume 2 coinvolgendo nuovi nomi, ma questo non toglie valore
a quanto prodotto. La mitologia dei bucanieri, che conosciamo fin dai libri di
Stevenson, è tutta britannica, come inglesi erano i pirati più famosi come Edward
Teach detto il "Barbanera", Henry Avery, Francis Drake o Henry Morgan, e questo
spiega la massiccia presenza di artisti legati al Brit-folk (da Richard Thompson
fino ai vari membri della famiglia Carthy), tutti a proprio agio tra queste ballate
e gighe ubriache. Tra gli altri artisti, quelli più vicini al feeling del nostro
sito (Lucinda Williams, Loudon Wainwright III e figlio, Stan
Ridgway, Joseph Arthur,…) si comportano tutti più o meno discretamente,
anche se qualcuno, come il vecchio Lou Reed, svolge il compitino senza
troppo impegno. E se Nick Cave ne esce benissimo perché naturalmente a
suo agio con l'argomento, figura ancora migliore la fanno le "star" dell'occasione
come Bono, Sting e soprattutto Bryan Ferry, tutti pienamente
promossi per non aver perso l'occasione di ricordarci cosa saprebbero ancora fare.
Complimenti allo sforzo, alle canzoni e ad alcune performances. Un po' meno al
senso della misura.
|